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Le intermittenze della morte di Saramago | Recensione

Le intermittenze della morte

Saramago

Un paese senza nome, 31 dicembre, scocca la mezzanotte. E arriva l’eternità, nella forma più semplice e quindi più inaspettata: nessuno muore più. La gioia è grande, la massima angoscia dell’umanità sembra sgominata per sempre. Ma non è tutto così semplice: chi sulla morte faceva affari per esempio perde la sua fonte di reddito. E cosa ne sarà della chiesa, ora che non c’è più uno spauracchio e non serve più nessuna resurrezione? I problemi, come si vede, sono tanti e complessi. Ma la morte, con fattezze di donna, segue i suoi imprendibili ragionamenti: dopo sette mesi annuncia, con una lettera scritta a mano, affidata a una busta viola e diretta ai media, che sta per riprendere il suo usuale lavoro, fedele all’impegno di rinnovamento dell’umanità che la vede da sempre protagonista. Da lì in poi le lettere viola partono con cadenza regolare e raggiungono i loro sfortunati (o fortunati?) destinatari, che tornano a morire come si conviene. Ma un violoncellista, dopo che la lettera a lui indirizzata è stata rinviata al mittente per tre volte, costringe la morte a bussare alla sua porta per consegnarla di persona.

Il giorno seguente non morì nessuno. 
Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale […]

I libri dell’autore portoghese mi hanno sempre molto intrigata, ma per il suo stile particolare sono sempre stata restia a buttarmi nelle sue storie. 

La quarta di copertina spiega forse un po’ troppo della storia. Ci troviamo in un paese senza nome, all’improvviso la morte smette di fare il suo lavoro e per i seguenti sette mesi non muore nessuno. 

Per quanto la storia sia surreale, spesso grottesca, la cosa che ho adorato di questo libro è il fattore realistico delle dinamiche che si vanno a innescare per quanto riguarda la situazione politica, religiosa e dei comuni cittadini. Il lettore a questo punto si trova a pensare: se la morte non facesse più il suo lavoro, succederebbe quello che va a raccontare Saramago? E la risposta è: molto probabilmente sì. 

Il libro lo possiamo dividere in due parti, nella prima si affrontano le conseguenze di questa “apparente vita eterna”, nella seconda la morte ritorna, ma questa volta la protagonista indiscussa è proprio lei. Una figura ultraterrena che deciderà di fare visita a un violoncellista che a quanto pare non ha alcuna intenzione di morire. 

Saramago è un autore molto particolare, soprattutto per lo stile di scrittura. L’autore usa una punteggiatura non tradizionale, ovvero scrivere periodi molto lunghi, intervallati da virgole. Non ci sono altri simboli di punteggiatura, anche per quanto riguarda i dialoghi che sono introdotti dalla lettera maiuscola. Personalmente, a lungo andare, ho trovato questo stile un po’ impegnativo e spesso mi perdevo nella lettura. 

Stile di scrittura a parte ho apprezzato molto la trama, parliamo di una storia in cui l’autore non dà importanza al contesto, ma al contenuto. Un libro che non si perde in descrizioni, ma si sofferma su riflessioni molto attuali. 

Le intermittenze della morte è un libro che vi catapulterà in una situazione surreale e bizzarra, trattando però dinamiche molto realistiche e vicine alla nostra società. 

L’orso e l’usignolo di Arden | Recensione

L’orso e l’usignolo

Katherine Arden

In uno sperduto villaggio ai confini della tundra russa, l’inverno dura la maggior parte dell’anno e i cumuli di neve crescono più alti delle case. Ma a Vasilisa e ai suoi fratelli Kolja e Alëša tutto questo piace, perché adorano stare riuniti accanto al fuoco ascoltando le fiabe della balia Dunja. Vasja ama soprattutto la storia del re dell’inverno, il demone dagli occhi blu che tutti temono ma che a lei non fa alcuna paura. Vasilisa, infatti, non è una bambina come le altre, può “vedere” e comunicare con gli spiriti della casa e della natura. Il suo, però, è un dono pericoloso che si guarda bene dal rivelare, finché la sua matrigna e un prete da poco giunto nel villaggio, proibendo i culti tradizionali, compromettono gli equilibri dell’intera comunità: le colture non danno più frutti, il freddo si fa insopportabile, le persone vengono attaccate da strane creature e la vita di tutti è in pericolo. Vasilisa è l’unica che può salvare il villaggio dal Male, ma per farlo deve entrare nel mondo degli antichi racconti, inoltrarsi nel bosco e affrontare la più grande minaccia di sempre: l’Orso, lo spaventoso dio che si nutre della paura degli uomini.

Vasilisa Petrovna era una bambina brutta: secca come una canna con le dita delle mani lunghe e affusolate e i piedi grandissimi. Gli occhi e la bocca erano sproporzionati rispetto al resto del corpo. Ol’ga la chiamava ‘rana’, e non le dava mai retta. Ma gli occhi avevano il colore della foresta durante una tempesta d’estate, e la grande bocca era adorabile. Sapeva essere sensibile quando voleva, e intelligente, a tal punto che i suoi familiari restavano sbigottiti ogni qualvolta dimenticava il buonsenso ed escogitava l’ennesima trovata folle. 

Una storia avventurosa e avvincente che mi ha preso fin dalle prime pagine. 

L’orso e l’usignolo è il primo volume di una trilogia fantasy, ambientato in una Russia medievale, in un villaggio situato ai confini della tundra. Vasja è una bambina che cresce circondata da tanto affetto, dai suoi fratelli, da un padre amorevole e vive immersa nella vegetazione che sa di magia e fiaba. La nostra protagonista è diversa da tutti gli altri perché fin da piccola riesce a vedere gli spiriti che la circondano, alcuni di questi sono buoni, altri sono dispettosi e altri cattivi, ma il peggiore di essi sta per arrivare, portando morte e paura ovunque.

La storia è molto più articolata di quello che sembra e possiamo dividerla in due parti. Nella prima vengono messe le basi di alcune dinamiche politiche riguardo al successore del Gran Principe di Mosca, in questi intrecci si insinua anche il potere religioso che ovviamente tende a portare l’acqua al suo mulino. Questo aspetto, che ho trovato molto interessante, viene appena accennato, immagino che si svilupperà meglio nel secondo volume. Nella seconda parte il romanzo si concentra più su Vasja, ormai ragazzina sempre più consapevole delle sue capacità e pronta a difendere le persone che ama. 

Vasja viene descritta non come la tipica ragazza bella (particolare che ho apprezzato dato che in questi libri sono tutte bellissime), ma selvaggia, genuina, gentile e intelligente. Una protagonista che non accetta le etichette e si butta nelle situazioni per raggiungere il suo obiettivo. Una figura femminile forte e determinata che, soprattutto, rimane coerente con se stessa dall’inizio alla fine. 

I personaggi che realizza Arden sono ben caratterizzati e sfaccettati. Ho apprezzato molto Padre Konstantin, un uomo dedito alla fede che spesso sfiora la follia e l’egocentrismo, ho adorato la dolcezza di Petr, il padre della protagonista, la tenera balia Dunja e molti altri. 

Personalmente ho trovato un po’ lenta la parte finale, ma nel complesso il libro ha un buon ritmo che intrattiene fino alla fine della storia. 

L’orso e l’usignolo è un romanzo che parla di libertà e di determinazione in un’ambientazione affascinante con dei tocchi di magia e di fiabe russe. 

Momo di Garnier e Hontin | Recensione

Momo

Garnier e Hontin

Momo è una bambina di 5 anni, vive con la nonna in un piccolo villaggio portuale della Normandia. Di tanto in tanto la bambina va sul ponte per riuscire a vedere la barca del padre, marinaio d’altura obbligato dal lavoro a passare lunghi periodi in mare. Alla morte della nonna il pescivendolo del paese si rifiuta di affidare la piccola ai servizi sociali e si offre di ospitarla a casa sua fino al ritorno del padre. Questa esperienza la porterà a misurarsi con il mondo esterno.

Con Momo, Jonathan Garnier e Rony Hotin ricompongono l’indimenticabile fragranza dell’infanzia. Il tempo degli amici, le scoperte, le piccole sciocchezze, la grande felicità e il dolore. Il tempo anche di una costante meraviglia che a volte vanifica le realtà del mondo degli adulti.

 

Una storia dolce dal profumo dell’infanzia.

Momo è una graphic novel ispirata da una serie di fotografie di una bambina giapponese, da queste gli autori hanno imbastito la storia.
Momo è una bambina di cinque anni che passa la maggior parte del suo tempo con la nonna perché il padre è spesso via per mare.

Il lettore si affeziona subito alla fantasiosa e introversa Momo, la quale ha difficoltà a farsi degli amici e preferisce più girovagare da sola per il villaggio portuale della Normandia. La storia è possibile dividerla in due parti, nella prima il lettore scopre una protagonista solare e birichina, nella seconda Momo cambia, diventando cupa e silenziosa a causa della perdita della sua preziosa nonna.

Si tratta di una storia dolce, delicata ed emotiva. Il legame principale tra la nonna e la nipote è una relazione genuina e pura, ma la narrazione non si ferma solo in questo perché Momo conoscerà altre persone con le quali instaurerà un rapporto di amicizia. Cosa che ho apprezzato molto della storia è che non si focalizza unicamente sulla protagonista, ma si dà anche consistenza ai personaggi di contorno che accompagnano la bambina nella sua piccola crescita emotiva. Così il lettore conosce la ribelle Francois, il “teppista” Tristan e il burbero pescivendolo. Una storia che nella sua semplicità riesce a coinvolge con la delicata sceneggiatura. 

I disegni mi ha ricordato molto il mondo fiabesco di Miyazaki, le line sono morbide e il tratto è delicato.

Una storia che parla di famiglia, di nonni, delle prime cotte adolescenziali, di amicizia e di crescita. 

#Prodottofonitoda @Tunué

Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente di Collins | Recensione

Hunger Games – Ballata dell’usignolo e del serpente 

Suzanne Collins

È la mattina della mietitura che inaugura la decima edizione degli Hunger Games. A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai Giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile, possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nella capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi. I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i possibili successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.

Ciò che tutto Panem un giorno avrebbe saputo.
Cioè che era inevitabile.
Gli Snow si posano in cima. 

Da amante della trilogia di Hunger Games come non leggere l’attesissimo prequel? 

Hunger Games – ballata dell’usignolo e del serpente è ambientato dieci anni dopo la grande guerra che ha visto i distretti ribellarsi e il distretto 13 raso al suolo. Il protagonista indiscusso è uno Snow diciottenne che ha perso non solo i genitori, ma anche tutte le sue ricchezze e tenta di mantenere nascosto il suo stato economico agli abitanti di Capitol City. In questa decima edizione degli Hunger Games, Snow riveste il ruolo di mentore di una ragazza del distretto 12: Lucy Gray. 

Ho vissuto la lettura con alti e bassi. Mi è piaciuto tantissimo ritrovare l’ambientazione ansiosa e claustrofobica degli Hunger Games, giochi che iniziano a cambiare e ad assomigliare a quelli che conosciamo con la classica trilogia. Prima non c’erano le scommesse, non c’erano i mentori, ora ci sono. Tutto questo perché gli abitanti iniziato a perdere interesse per questi giochi feroci e si cerca un modo per tenere tutti incollati a questo spettacolo crudele e lugubre, al fine di non dimenticare chi detta le regole in questa società. 

Da un punto di vista stilistico ho apprezzato la maturazione dell’autrice. Mi sono affezionata a quasi tutti i personaggi che ho trovato ben caratterizzati, ognuno con le proprie sfaccettature. Ho adorato fin dall’inizio Seianus, un ragazzo di Capitol che viene dal Distretto 2, la cui vita è comandata da un padre troppo attento alla sua posizione e ai soldi. Seianus è quel personaggio che vorrebbe cambiare il presente, ma non sa come farlo, spesso la sua impulsività lo porta a compiere sciocchezze, ma è proprio per questo che l’ho adorato perché è molto realistico in questa ambientazione distopica. 

Personalmente due cose non ho molto apprezzato di questo romanzo: la relazione sentimentale che ho trovato molto scontata e banale, e l’evoluzione di Snow. 
Lo Snow che il lettore scopre nelle prime pagine è lo stesso Snow che ritroverà alla fine, solo consapevole della strada da prendere. Personalmente mi aspettavo più pathos, più azione, più adrenalina nella genesi di questo cattivo enigmatico, ma tutte le aspettative che avevo sono state deluse da questo punto di vista.

Resto dell’idea che la classica trilogia Hunger Games è sicuramente migliore per colpi di scena e complessità della trama, ma il prequel La ballata dell’usignolo e del serpente è stata comunque una piacevole lettura. Il finale mi ha lasciata un po’ perplessa, che la Collins abbia lasciato una piccola porta aperta per un seguito?  

 

Sette minuti dopo la mezzanotte di P. Ness | Recensione

Sette minuti dopo la mezzanotte

Patrick Ness 

Che gli incubi arrivino con il buio, Conor lo sa bene. Infatti da quando sua madre ha iniziato a lottare contro la malattia, lui combatte un incubo fatto di tenebra, vortici e urla. Ma una notte il mostro non è più lo stesso. Sette minuti dopo la mezzanotte il ragazzo sente una voce che lo chiama: un tasso, albero antico e potente, si staglia nel buio della sua stanza. Conor non ha paura perché quel mostro gli racconta tre storie perdute e selvagge, indomabili e sconvolgenti. In cambio vuole da lui una sola cosa, la più pericolosa di tutte. La verità

Un albero. Non era altro che quello. Non era mai stato altro che quello. Un albero. Un albero che, sotto i suoi occhi, si trasformò, formando un enorme viso che lo guardava ai raggi del sole, le braccia tese, la voce che diceva: Conor… 

Per celebrare i 10 anni di Oscar Junior, la casa editrice ha deciso di pubblicare in un’edizione limitata alcuni dei classici più venduti della collana per ragazzi. 

Ho avuto la possibilità di leggere Sette minuti dopo la mezzanotte di Ness, con le illustrazioni di Jim Kay e la copertina realizzata da Paolo d’Altan. Ho sentito parlare sempre molto bene di questo romanzo e, non so voi, ma io sono una di quelle lettrici che più sente decantare un romanzo e più decide di rimandare la lettura. Ora che l’ho letto posso dire di aver fatto un grosso errore, perché veramente Sette minuti dopo la mezzanotte è un romanzo che merita di essere letto!

La storia parla di Conor, un ragazzino più maturo della sua età che cerca di prendersi cura della madre che sta affrontando la terapia per la malattia. Per questo motivo Conor viene preso di mira dai compagni di scuola e a peggiorare la situazione sono gli incubi che lo tormentano e un albero, antico e potente, che prende vita sette minuti dopo la mezzanotte.  L’albero secolare gli dice che è lì per raccontagli tre storie e la quarta dovrà raccontarla proprio lui: il povero Conor. 

In un’alternanza tra realtà e fantasia, Patrick Ness racconta una storia rivolta sì ai ragazzi, ma che secondo me può essere compresa totalmente da una persona più grande. L’autore parla della paura della morte e di un tema che non sempre viene affrontato nei libri per ragazzi: il senso di colpa. Se il lettore all’inizio pensa di aver intuito il messaggio, andando avanti verrà spiazzato da un tema terribilmente realistico che è difficile da accettare. 

Ness ha uno stile fluido e poetico, con poco riesce a rendere palpabili i personaggi, i loro sentimenti e le loro emozioni entrano nel lettore rendendo l’esperienza di lettura intima e straziante. Oltre a Conor, che il lettore non può non amare, si conosce anche la nonna, una donna burbera che si divide tra l’aiutare la figlia con la sua malattia e la responsabilità nel prendersi cura del nipote. Si conosce anche il padre del protagonista, un uomo che ha un’altra vita ben lontana da suo figlio e la sua ex moglie. 

Le favole che racconta l’albero sono intrise di significato e si rispecchiano non solo nella vita di Conor, ma potrebbero anche rispecchiarsi in quella del lettore. 

Sette minuti dopo la mezzanotte è una storia che mi ha catturato, mi ha trascinato nel vortice di realtà e fantasia per poi lasciami in una valle di lacrime. Una storia profonda, ben costruita e intensa che dovrebbero leggere tutti, soprattutto i grandi. 

#Prodottofornitoda @Mondadori 

Un’estate con la Strega dell’Ovest di Kaho Nashiki | Recensione

Un’estate con la Strega dell’Ovest 

Kaho Nashiki

Mai ha tredici anni e non vuole più andare a scuola. La madre, preoccupata, decide di mandarla a stare dalla nonna per un po’, in una bella casetta nella campagna giapponese sul limitare dei monti. La nonna è una signora inglese ormai vedova, arrivata in Giappone molti anni prima e rimasta lì per amore. Sia Mai che la madre si riferiscono a lei come la “Strega dell’Ovest”, ma nel momento in cui la nonna le rivela di possedere realmente dei poteri magici, Mai rimane incredula e diffidente. Quando però le propone di affrontare il duro addestramento da strega, accetta senza esitazioni. Immerse nella natura incontaminata del Giappone più remoto, nonna e nipote passano insieme settimane meravigliose in raccoglimento, lontane dalla frenesia della vita di città, a lavorare nell’orto, raccogliere erbe selvatiche e cucinare, oltre a dedicarsi, naturalmente, a quelli che sono, secondo la nonna, i rudimenti di base per una giovane strega. A questa storia catartica e rivelatrice, negli anni, l’autrice ha voluto aggiungere tre brevi racconti che ne riprendono i personaggi e l’ambientazione e che proponiamo fedelmente nella presente edizione.

Quel mese e poco più in cui la mamma le aveva rivelato, seria in volto, che sì, la nonna era una strega vera, e da allora, quando erano sole, aveva cominciato a chiamarla Strega dell’Ovest. 

Una fiaba con sfumature orientali che aiuta a crescere. 

Nashiki racconta la storia di Mai, una ragazzina di tredici anni molto sensibile, che all’improvviso si rifiuta di andare a scuola. La madre decide di farle passare del tempo con la nonna, una donna inglese sbarcata in Giappone per amore. Così, Mai passerà del tempo con colei che viene chiamata la “Strega dell’Ovest” e, grazie a sua nonna, inizierà l’addestramento per diventare una strega. 

Una favola dolce, delicata e fiabesca. In un’ambientazione realistica con delle sfumature surreali, Nashiki racconta la storia di una ragazzina che ha problemi a scuola, che inizia a chiudersi in se stessa e va a somatizzare il suo disagio. Quando la madre la porta dalla nonna, Mai inizia a guardare il mondo con occhi diversi. 

Lo stile dell’autrice è scorrevole e semplice. Non si sofferma su descrizioni superflue e rende palpabile le emozioni della piccola Mai, trasmettendole facilmente  al lettore. 

Si parla di responsabilità, di regole, di sentimenti, di magia e di morte. La nonna risponde ai quesiti sulla vita di Mai in modo genuino e delicato. Ho adorato il rapporto affettuoso e magico tra nipote e nonna, spesso la lettura mi ha rievocato momenti che passavo con la mia di nonna, che da piccola consideravo un po’ magica, ma alla fine non è così? Tutti i nonni hanno la capacità di trasmettere un pizzico di magia ai nipoti, chi più e chi meno. Si parla di un racconto lungo, ma pur sempre un racconto. La storia è semplice e lineare, non ci sono colpi di scena o particolari intrecci, ma è intima ed emozionante. 

Un’estate con la Strega dell’Ovest è una storia che vi conquisterà e vi trascinerà nella campagna giapponese, regalandovi delle piacevoli ore di lettura. 

Tutto un altro pianeta di Claudio Rossi Marcelli | Recensione

Tutto un altro pianeta

Un alieno alla ricerca della famiglia perfetta

di Claudio Rossi Marcelli

Papà, mamma, figlio, figlia, un cane o un gatto. Il tutto tenuto insieme da una colla invisibile. È questa la famiglia terrestre secondo gli abitanti del fluorescente pianeta Ottta, che vivono immersi nella tristezza e sono destinati a completa solitudine. Decisi a salvare la loro civiltà dal declino, gli Otttiani mandano in missione il giovane Lotsi sulla Terra, durante la notte di Halloween, quando il suo aspetto da alieno passa del tutto inosservato. Lotsi si aggrega a due sorelle, Luna e Clio, e insieme a loro passa di casa in casa per chiedere: «Dolcetto o scherzetto?». Ogni volta che una porta si apre, lo sguardo ultrasensoriale dell’extraterrestre riesce ad attraversare microcosmi fatti di vite e affetti diversi e a leggere la storia delle famiglie. È così che tutto si ingarbuglia e le certezze dell’alieno sugli umani vanno in frantumi. Riuscirà Lotsi a scoprire qual è il segreto che tiene unite famiglie tanto diverse rendendole, ognuna a modo proprio, felici?

I due si presero per mano e si diressero verso gli altri che li stavano aspettando davanti alla prima porta, ignari del fatto che una creatura inquietante li stava osservando con le fauci spalancate e il respiro affannoso da dietro un albero. 
«Dolcetto o scherzetto?»

Una fiaba moderna che parla di famiglia. 

Protagonista della storia è Lotsi, un alieno del pianeta Ottta che viene inviato sulla terra per una missione: scoprire che cosa tiene unite le famiglie terrestri.
Quello che sa Lotsi è che la famiglia è composta da: madre, padre, figlio, figlia, cane o gatto. Ma quando l’alieno arriva sulla terra la notte di Halloween, scoprirà una cosa molto importante. 

Lotsi girerà per le case a fare “dolcetto o scherzetto” e in questa occasione conoscerà tante famiglie diverse: genitori divorziati, due padri, una madre single con un figlio e così via… 

Man, mano che si va avanti nella storia il lettore conosce la famiglia delle sorelle Luna e Clio che avranno un primo contatto con Lotsi, e l’alieno si renderà sempre più conto di qual è questa colla che tiene unite queste famiglie tante diverse tra loro. 

Tutto un altro pianeta è una storia molto carina, non aspettatevi un’avventura dinamica con colpi di scena, la trama è molto semplice, ma ciò che rende prezioso questo libro è come l’autore trasmette in modo genuino, originale e piacevole il concetto che “famiglia” è dove c’è amore, sostegno e rispetto. 

Una storia delicata che va contro il pregiudizio e l’ignoranza delle persone, spiegando in modo spontaneo i tanti colori che si possono trovare in una famiglia. 

#Prodottofornitoda @Mondadori

 

Follia di McGrath | Recensione

Follia

Patrick McGrath

Una grande storia di amore e morte e della perversione dell’occhio clinico che la osserva. Dall’interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra comincia a esporre il caso clinico più perturbante della sua carriera: la passione tra Stella Raphael, moglie di un altro psichiatra, e Edgar Stark, artista detenuto per uxoricidio. Alla fine del libro ci si troverà a decidere se la “follia” che percorre il libro è solo nell’amour fou vissuto dai protagonisti o anche nell’occhio clinico che ce lo racconta.

Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da anni. Si tratta di relazioni la cui durata e la cui intensità differiscono sensibilmente, ma che tendono ad attraversare fasi molto simili: riconoscimento, identificazione, organizzazione, struttura, complicazione, e così via. 

Un romanzo che esplora gli angoli più bui della psiche umana. 

Ho sentito molti pareri contrastanti su questo libro, c’è chi l’ha amato e chi l’ha trovato pesante. Io devo ammettere che al termine della lettura ho provato un senso di confusione, non sapendo bene come definire questo libro. Ebbene mi sono presa qualche giorno per ragionare a mente fredda e sono arrivata a una conclusione. 

La storia tratta di Stella Raphael, moglie del vicedirettore di un’istituto di igiene mentale, che prova una forte attrazione per Edgar Stark,  un paziente che ha ucciso la moglie per gelosia. La storia viene raccontata da Peter, uno psichiatra che lavora da parecchi anni nella struttura, il quale ha seguito fin dai primi giorni il caso di Edgar. Stella si sente così coinvolta dalla passione e dall’amore tormentato per Stark che è pronta a rinunciare a tutto pur di stare con lui. 

Sono rimasta molto colpita dallo stile di scrittura che è scorrevole, immediato e a volte crudo. La trama è molto lineare, a tratti l’ho trovata anche prevedibile, ma è affascinante come Patrick va a esaminare gli angoli più oscuri della mente umana. 

I personaggi sono caratterizzati in modo magistrale, non solo i protagonisti, ma anche i secondari. Il pazzo dichiarato all’inizio della storia è Edgar, ma man, mano che si va avanti si scopre che la storia va a delineare il personaggio di Stella e l’evoluzione della sua mente provocata dall’ossessione per Stark. Le vicende proseguono senza colpi di scena, ma ho apprezzato particolarmente il finale che conclude il cerchio di questa narrazione di menti folli, ognuna in modo diverso e con i propri punti deboli. 

Follia è una storia dalla scrittura potente e intima, che affronta la complessità della mente umana toccando temi come: la depressione, il disagio e la frustrazione.