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Fairy Oak. La storia perduta di Elisabetta Gnone | Recensione

Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelanconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Ma quando i ricordi approdano all’anno della balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. Che anno fu! Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.

Capita a volte, come non mai in questo periodo storico che stiamo vivendo, di avere l’esigenza di leggere una storia che ci faccia sentire a casa. Un romanzo che abbia il potere di farci sentire protetti dal mondo. Pochi libri riescono a farmi sentire così, ed Elisabetta Gnone è una di quelle autrici che ha questo potere, quello di rendere le parole dolci e confortanti come una cioccolata calda. 

A distanza di quindici anni dalla pubblicazione del primo volume, l’autrice torna con una nuova avventura a Fairy Oak. Già solo leggendo il primo capitolo mi ha preso una profonda nostalgia. Il lettore incontra dopo tanto tempo Vaniglia e Pervinca, le magiche sorelle che sono andate avanti con la loro vita. Per un attimo si ha come la sensazione di guardare un album di ricordi, si ritorna a Fairy Oak, alle storie, all’avventura, alla magia e all’incontro di vecchie conoscenze. 

Vaniglia e Pervinca si perdono nei loro ricordi e ci ritroviamo di nuovo tra i banchi di scuola, le sorelle scoprono della leggenda di una Balena e questo è solo l’inizio della loro avventura. 

Prassi della Gnone è quella di non fermarsi mai solo alla semplice avventura, ma regala al lettore (che sia grande o piccolo) una storia che fa riflettere e che lascia messaggi importanti. Si parla di amicizia, di amore per gli animali, di coraggio e dell’importanza del ricordo. Nota di merito, secondo me, è che questo libro può essere letto anche da chi non conosce bene tutta la storia di Fairy Oak, infatti l’autrice ha realizzato delle piccole note a fine libro per permettere al lettore di orientarsi al meglio.

La storia inoltre è impreziosita da delle belle e delicate illustrazioni che rendono la storia fiabesca e delicata. Un romanzo da non perdere se si ha voglia di vivere un’avventura magica e profonda.

#Prodottofornitoda @Salani

Venivamo tutte per mare di Julie Otsuka | Recensione

“Da anni” ha dichiarato Julie Otsuka, “volevo raccontare la storia delle migliaia di giovani donne giapponesi – le cosiddette “spose in fotografia” che giunsero in America all’inizio del Novecento. Mi ero imbattuta in tantissime storie interessanti durante la mia ricerca e volevo raccontarle tutte. Capii che non mi occorreva una protagonista. Avrei raccontato la storia dal punto di vista di un ‘noi’ corale, di un intero gruppo di giovani spose”. Una voce forte, corale e ipnotica racconta dunque la vita straordinaria di queste donne, partite dal Giappone per andare in sposa agli immigrati giapponesi in America, a cominciare da quel primo, arduo viaggio collettivo attraverso l’oceano. È su quella nave affollata che le giovani, ignare e piene di speranza, si scambiano le fotografie dei mariti sconosciuti, immaginano insieme il futuro incerto in una terra straniera. A quei giorni pieni di trepidazione, seguirà l’arrivo a San Francisco, la prima notte di nozze, il lavoro sfibrante, la lotta per imparare una nuova lingua e capire una nuova cultura, l’esperienza del parto e della maternità, il devastante arrivo della guerra, con l’attacco di Pearl Harbour e la decisione di Franklin D. Roosevelt di considerare i cittadini americani di origine giapponese come potenziali nemici. Fin dalle prime righe, la voce collettiva inventata dall’autrice attira il lettore dentro un vortice di storie fatte di speranza, rimpianto, nostalgia, paura, dolore, fatica, orrore, incertezza, senza mai dargli tregua.

Questa è l’America,  ci saremmo dette, non c’è nulla di cui preoccuparsi.

E ci saremmo sbagliate.

Un romanzo corale tutto al femminile.

Ho amato questo romanzo soprattutto per come è scritto. Ogni frase è una voce. Ogni capitolo è uno step della loro vita. Ogni virgola, ogni punto vibra di emozioni, speranze e dolori di queste donne che non hanno un volto, non vengono descritte, ma le loro voci si sentono chiare e nitide. 

Sono chiamate “le spose in fotografia”, donne che partono dal Giappone per sposare gli immigrati giapponesi che vivono in America. Orientativamente la storia è ambientata intorno agli anni 40 del Novecento. Queste donne affrontano un viaggio estenuante, alcune arrivano alla meta, altre non accettano il loro destino e si suicidano in mare, altre ancora muoiono per gli stenti. Quelle che sopravvivono incontrano i loro mariti e affrontano la prima notte di nozze. C’è chi ne rimane delusa, chi umiliata, chi è un po’ più fortunata, chi vede il suo sogno d’amore infrangersi con la dura realtà. E poi arriva il lavoro sfiancante, la gravidanza, i figli, la guerra…

Venivamo tutte per mare è un piccolo volume di sole 140 pagine, non ci sono dialoghi, non aspettatevi colpi di scena o azione, ma un romanzo intimo, scorrevole e ipnotico. Una storia corale che vibra di emozioni. 

Ragazzi della tempesta di Elle Cosimano | Recensione

In una gelida notte d’inverno, Jack Sommers è chiamato a scegliere tra vivere per sempre, secondo le antiche leggi magiche di Gaia, o morire. Jack sceglie di vivere e in cambio da quel momento in poi sarà un Inverno. Come le altre Stagioni, ogni anno Jack deve dare la caccia e uccidere chi viene prima di lui. Le leggi di Gaia sono chiare: l’Inverno uccide l’Autunno, l’Autunno uccide l’Estate, l’Estate uccide la Primavera, la Primavera uccide l’Inverno. Questo significa che Jack uccide Amber. Amber uccide Julio. Julio uccide Fleur. E Fleur uccide Jack. Sono tutti addestrati a cacciare e uccidere, e tutti a turno muoiono. Ma quando Jack e Fleur – Inverno e Primavera – sono attratti l’uno dall’altra contro ogni buon senso e regola della natura, la legge spietata che governa le loro vite eterne a un tratto diventa qualcosa di personale e di doloroso. Fleur verrà bandita per sempre, se insieme non troveranno il modo per fermare il ciclo naturale delle cose. Quando le quattro Stagioni si coalizzano, mettendo a rischio la loro immortalità in cambio di amore e libero arbitrio, la loro fuga attraverso il Paese li condurrà in un luogo in cui saranno costretti a difendersi contro un creatore che vuole annientarli.

Un fantasy young adult con un’ambientazione originale. 

Ragazzi della tempesta è una lettura che mi ha intrattenuto e trovo che il punto di forza di questa storia sia proprio l’ambientazione originale. I nostri protagonisti, che rappresentano le quattro stagioni, si trovano a vivere in una sorta di Hunger Games premeditato. La stagione che arriva, per prendere il sopravvento, deve uccidere quella precedente. Di conseguenza Jack (inverno) deve uccidere Amber (autunno), Amber deve uccidere Julio (estate), Julio deve uccidere Fleur (primavera) e Fleur deve uccidere Jack. Un ciclo continuo che non ha mai fine perché a ogni morte, questi ragazzi adolescenti e immortali, ritornano in vita.  Non esistono solo loro quattro perché questo sistema coinvolge altri ragazzi che sono sparsi per il mondo, tutti sotto il controllo di Cronos. I giovani vivono nell’Osservatorio che è una struttura dove ci sono delle rigide regole e sono monitorati continuamente. Una delle regole principali è che ragazzi di stagioni diverse non devono fare amicizia, ma le cose si complicano quando Jack (inverno) capisce di essere innamorato di Fleur (primavera).

Come ho già detto all’inizio mi è piaciuto molto il mondo che ha costruito Cosimano: le regole, le restrizioni, la gerarchia che si trova nell’Osservatorio. E ho apprezzato anche la caratterizzazione dei quattro ragazzi che sono ben delineati. La storia si alterna con il punti di vista di Jack e Fleur, ma avrei preferito leggere anche qualche capitolo dal punti di vista di Julio e Amber che trovo che siano una coppia più interessante sia per la costruzione dei personaggi che per l’iter che percorrono durante la storia.

Personalmente ho apprezzato molto di più la prima parte della storia, ovvero la presentazione di questo universo e dei personaggi, la seconda parte si sofferma sulla fuga dei quattro ragazzi che cercano di scappare da questo sistema di Cronos. Quest’ultima parte l’ho trovata a tratti un po’ ripetitiva e spesso anche prevedibile, ma comunque scorrevole.  Il finale lascia dei punti interrogativi, personalmente non mi ha fatto impazzire, l’ho trovato un po’ forzato, ma ci sono delle questioni ancora aperte e sono curiosa di sapere come andrà avanti con la storia l’autrice. 

Ragazzi della tempesta è un fantasy che scorre con uno stile fluido, una storia che unisce magia, miti, leggende e un pizzico di fantascienza. 

 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Io sono Zelda di MacDonald | Recensione

Io sono Zelda 
E  questa è la mia leggenda
Andrew David MacDonald

 Zelda adora i vichinghi: ne conosce a memoria tradizioni e miti, ne ammira il coraggio e la possibilità che offrivano a tutti di diventare eroi di una leggenda. Anche alle donne (le valchirie erano più forti di tutti). Anche alle persone quasi invisibili come lei. Zelda è invisibile perché è diversa, che, come è solita spiegare, «è un modo più carino per dire ritardata». È nata con un disturbo cognitivo per il quale gli altri non la ritengono in grado di decidere per se stessa, anche se ormai ha ventun anni e ha le idee molto chiare sulla vita, che organizza rigorosamente in liste da seguire. A prendersi cura di lei è Gert: il suo fratello, il suo guerriero, l’unica famiglia che le resti. Gert è bravissimo a sopravvivere alle battaglie della vita, ma anche a mettersi nei guai. Così, quando Zelda scopre che il fratello ha trovato un metodo discutibile e pericoloso per guadagnare i soldi necessari a mantenere entrambi, decide di prendere in mano la situazione.

Io sono venuto fuori sano, ma gli alcolici che nostra madre beveva sono stati un veleno per l cervello di Zelda, che così è nata con la sindrome alcolica fetale.
Dicevano che probabilmente non avrebbe mai imparato a leggere e che avrebbe dovuto essere seguita da qualcuno per tutta la vita. Si sbagliavano […]

Una storia che parla di diversità e di famiglia.

La protagonista della storia è Zelda, una ragazzina che nasce con un disturbo cognitivo. Zelda ama i vichinghi, si sente una vera e propria guerriera e vede come un eroe suo fratello Gert, il quale provvede a lei ed è la sua unica famiglia.
Le cose si complicano quando scopre che suo fratello entra in un giro losco. 

Io sono Zelda è un libro che mi ha sorpreso, mi aspettavo una lettura piacevole e si è rivelata qualcosa di più.
La storia è vista dal punto di vista della protagonista e trovo che l’autore abbia fatto un buon lavoro nel rendere così naturale e realistica Zelda, esaltando i suoi punti di forza, ma anche le sue debolezze e ricalcando le problematiche che tutte le ragazze hanno nel periodo dell’adolescenza. 

La storia non parla solo di lei, della sua crescita, del suo amore, della sua “diversità” che è vista come un peso più dagli altri che da lei stessa, ma la trama si articola anche con la storia di Gert che pur di provvedere alla sorella è disposto ad autodistruggersi, entrando in un giro losco che comprometterà non solo la sua vita. 

La scrittura è scorrevole e realistica, proprio perché è dal punto di vista di Zelda e questa scelta stilistica permette al lettore di entrare più in sintonia con la protagonista e con la sua storia. Inoltre ho trovato bellissimo e ben realizzato il rapporto di amore, di fiducia e di complicità che c’è tra i due fratelli.

Un libro dal ritmo ben cadenzato, con i giusti momenti di pausa. Una storia che va contro il pregiudizio verso la diversità, che parla di coraggio, di forza di volontà e del grande rapporto tra due fratelli. 

#Prodottofornitoda @Sperling&Kupfer

 

La memoria di Babel. L’Attraversaspecchi 3 di Dabos | Recensione

La memoria di Babel. L’Attraversaspecchi 3

Christelle Dabos

Dopo due anni e sette mesi passati a mordere il freno su Anima, la sua arca, per Ofelia è finalmente arrivato il momento di agire, sfruttare quanto ha scoperto nel Libro di Faruk e saputo dai frammenti di informazioni divulgate da Dio. Con una falsa identità si reca su Babel, arca cosmopolita e gioiello di modernità. Basterà il suo talento di lettrice a sventare le trappole di avversari sempre più temibili? Ha ancora una minima possibilità di ritrovare le tracce di Thorn?

Era un individuo spigoloso sia di corpo che di carattere, senza mai una frase amorevole, un gesto galante o una battuta scherzosa, uno che preferiva la compagnia dei numeri a quella degli uomini. 
Doveva esserci un buon motivo per guardarlo in faccia. 
Ofelia ne aveva due. 

Presa dall’entusiasmo del secondo volume di questa saga, che ho apprezzato molto, mi sono immersa subito nella lettura del terzo capitolo.

Ofelia è da più di due anni che non vede Thorn e, quando riesce ad avere una pista da seguire, decide di partire per Babel alla ricerca di suo marito.  Tra inganni, nuovi incontri e vari pericoli, Ofelia si troverà ad avere a che fare con una società completamente diversa dalla sua dell’arca Anima e da quella del Polo. 

Se il secondo libro della saga mi aveva conquistato anche per il ritmo serrato, qui torniamo di nuovo alla lentezza del primo volume, se non anche di più. Lento, lento, lento. Per almeno metà del libro succede poco o niente. Credo che la pecca sia il fatto che ci troviamo in un’arca diversa con tutti personaggi nuovi e il lettore così si deve riabituare alla nuova arca, alle sue regole, fare nuove conoscenze e prendere confidenza con questo scenario distopico. 

Thorn continua a essere un personaggio bellissimo: sfaccettato, tormentato e ben studiato. Ne La memoria di Babel inizia un po’ a scoprirsi, a far vedere di più la sua fragilità, ma sempre troppo poco per i miei gusti.
Mentre tutti gli altri personaggi mi sembrano ben caratterizzati e naturali, l’unica che stona in tutta la storia è proprio Ofelia che, a mio parere, continua a essere troppo costruita, sembra che la Dabos la costringa a fare determinate cose che non hanno molto senso solo per allungare il brodo. 

La trama è interessante, ma l’ho trovata anche un po’ confusionaria, se non avessi sentito i commenti riguardo all’ultimo volume della saga sarei più fiduciosa nel comprendere la dinamica della storia, ma ahimé ho i miei dubbi a questo punto.

In conclusione, ho apprezzato gli ultimi capitoli di questo terzo volume, ma nel complesso non mi ha convinto per la lentezza, la confusione e l’incoerenza della protagonista. Verso la fine c’è quella vena romantica che tutte le lettrici aspettano di leggere dal primo volume, ma avrei preferito che l’autrice scrivesse qualche frase in più, proprio per scoprire meglio l’evoluzione del loro rapporto. 

 

Un attimo perfetto di Meg Rosoff

Un attimo perfetto di Meg Rosoff

In una casa color pervinca baciata dal sole, in cui da ogni finestra si vede il mare, quattro fratelli, ragazzi e ragazze tra i tredici e i diciotto anni, madre, padre e due cugini trentenni riempiono quelle giornate spensierate con la spiaggia, i giochi, le serate lunghissime passate tutti insieme cenando in giardino, e un matrimonio da organizzare. Le vacanze sono appena cominciate, l’estate sembra allungarsi all’infinito con la sua promessa di una tranquilla, struggente felicità. Poi arrivano i fratelli Godden: irresistibile e affascinante Kit, scontroso e taciturno Hugo. Tutt’a un tratto, c’è un serpente in paradiso e niente sarà più come prima.

Tutti dicono che innamorarsi è la cosa più miracolosa del mondo, che ti cambia la vita. Succede qualcosa, sostengono, e allora tu lo sai. Guardi nei suoi occhi e non vedi solo la persona che hai sempre sognato di incontrare, ma quel te stesso in cui hai sempre segretamente creduto, il te stesso che inspira desiderio e piacere, il te stesso di cui nessuno prima di allora si è mai davvero accorto. 

Una famiglia numerosa e chiassosa parte, come ogni anno, per andare a passare l’estate alla casa al mare. Arrivati a destinazione la famigliola incontra degli amici di vecchia data, Hope e Mal, i quali a breve si sposeranno e per l’occasione arriveranno anche i fratelli Godden che passeranno l’estate con loro. 

La storia è vista tutto dal punto di vista della protagonista, della quale il lettore non saprà mai il nome. La protagonista ha un carattere introverso e spesso si trova in competizione con la sorella più piccola che ostenta sicurezza e autostima in tutto quello che fa. L’estate procede tranquilla come ogni anno, fino all’arrivo dei fratelli Godden: Kit è un ragazzo affascinante, allegro, solare, che è capace di attrarre le persone con il suo magnetismo, mentre suo fratello Hugo è distaccato e introverso, tra i due non scorre buon sangue e la tensione  non mancherà nel corso della storia. 

Si possono individuare due storie parallele, quella degli adolescenti insieme ai fratelli Godden e quella dei futuri sposi. La linea della storia degli adulti l’ho trovata molto interessante, ma poco approfondita, si dà molto spazio alla storia dei ragazzi.

Il libro ha un ritmo un po’ lento, l’evoluzione della trama si svolge verso le ultime pagine perché per la maggior parte della storia il lettore segue i movimenti e le relazioni dei personaggi, ma c’è più un tono di presentazione che di azione vera e propria. 

Un attimo perfetto è una storia che parla di amore malato, di adolescenza, di crescita, di famiglie disastrate e di disturbi psicologici, peccato che si accennano solo questi elementi, ma non vi è un vero approfondimento. L’ho trovata comunque una lettura scorrevole, ma dati gli elementi e gli input che aveva dato l’autrice nel corso della storia, mi aspettavo molto di più. 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Gli scomparsi di Chiardiluna. L’Attraversaspecchi: 2 di Dabos | Recensione

Gli scomparsi di Chiardiluna. L’Attraversaspecchi: 2 

Christelle Dabos 

Secondo volume della saga dell’Attraversaspecchi (dopo il primo, Fidanzati dell’inverno), Gli scomparsi di Chiardiluna trascina il lettore in una girandola di emozioni lasciandolo, alla fine, con una voglia matta di leggere il terzo volume.

Sulla gelida arca del Polo, dove Ofelia è stata sbattuta dalle Decane perché sposi suo malgrado il nobile Thorn, il caldo è soffocante. Ma è soltanto una delle illusioni provocate dalla casta dominante dell’arca, i Miraggi, in grado di produrre giungle sospese in aria, mari sconfinati all’interno di palazzi e vestiti di farfalle svolazzanti. A Città-cielo, capitale del Polo, Ofelia viene presentata al sire Faruk, il gigantesco spirito di famiglia bianco come la neve e completamente privo di memoria, che spera nelle doti di lettrice di Ofelia per svelare i misteri contenuti nel Libro, un documento enigmatico che nei secoli ha causato la pazzia o la morte degli incauti che si sono cimentati a decifrarlo. Per Ofelia è l’inizio di una serie di avventure e disavventure in cui, con il solo aiuto di una guardia del corpo invisibile, dovrà difendersi dagli attacchi a tradimento dei decaduti e dalle trappole mortali dei Miraggi. È la prima a stupirsi quando si rende conto che sta rischiando la pelle e investendo tutte le sue energie nell’indagine solo per amore di Thorn, l’uomo che credeva di odiare più di chiunque al mondo. Sennonché Thorn è scomparso…

 

«Quando volete che torni?»
«Io?» fece Ofelia, stupita che le chiedesse la sua opinione.
«Immagino che dipenda più che altro dai vostri impegni. Cercate soltanto di non dimenticare il matrimonio.»
Era chiaramente una battuta, ma Thorn le rispose con indecifrabile serietà.
«Non dimentico mai niente»

Solo la settimana scorsa vi ho parlato del primo volume della serie Attraversaspecchi, ho comprato subito il seguito e se il primo capitolo non mi aveva conquistata completamente, questo secondo volume mi ha rapita fin dalle prime pagine. 

Ofelia viene presentata a sire Faruk, lo spirito di famiglia dell’arca Polo, il quale aspira a far leggere a Ofelia il Libro, un manoscritto misterioso che sembra impossibile da decifrare. Nello stesso momento a Chiardiluna iniziano a esserci delle scomparse misteriose e la nostra protagonista indagherà su questi avvenimenti insieme a Thorn. 

Ne Gli Scomparsi di Chiardiluna ho trovato un ritmo molto più incalzante e veloce rispendo al primo volume. C’è sempre una base fantasy, ma questa volta con una vena investigativa e mistery. Le ambientazioni sono sempre particolari e ben curate, l’autrice dedica molta attenzione allo sfondo della storia e alla caratterizzazione fisica dei personaggi che sono tutti particolari e riconoscibili. 

Ofelia è un personaggio che purtroppo continua a non piacermi particolarmente, ma devo ammettere che verso la fine del libro si riscatta un po’ e l’ho trovata più coerente rispetto al primo volume. In questo secondo capitolo l’autrice pone una maggiore attenzione su Thorn, si scopre qualcosa in più sul suo passato, su sua madre e sulle sue abilità. Forse è questo uno dei motivi per cui ho amato questo libro, perché finalmente la Dabos racconta qualcosa in più su questo personaggio introverso e apparentemente freddo. La coppia protagonista farà dei piccoli passi in avanti, non ci sono scene romantiche plateali e forse è proprio questo uno degli aspetti che apprezzo di questo libro. La loro “relazione” non viene sminuita da situazioni già lette e sentite. 

Mano, mano che si va avanti con la storia vengono scoperte le carte, alcune fanno nascere altri punti interrogativi, altre invece danno rivelazioni interessanti. Il lettore viene trascinato dal turbinio di mistero e azione fino ad arrivare a un finale struggente che lascia con il fiato sospeso.

Cosa dire? Ho amato questo secondo volume, adoro Thorn che posso dire essere diventato uno dei miei personaggi letterari preferiti, e non vedo l’ora di andare avanti con la saga per scoprire cosa succederà. 

Sorelle Brontë (Jane Eyre di Charlotte Bronte) | Recensione

Da Cime Tempestose, a Jane Eyre, passando per Agnes Grey, fino ai meno noti L’angelo della tempesta, La Signora di Wildfell Hall e Shirley, le tre sorelle Bronte ci hanno lasciato romanzi immortali, capolavori della narrativa ottocentesca pieni di pathos e emozione, ciascuna con la propria voce. A questi romanzi si aggiungono i sublimi versi nei quali rivive tutto il fascino della natura selvaggia delle brughiere dello Yorkshire, tra distese d’erica, roccia e foschia. Questo volume offre l’occasione per riscoprire tre voci femminili originalissime nel panorama letterario, tra incanto, disperazione, e il desiderio insopprimibile di affermare la propria identità.

 

Il 25 agosto esce questo bellissimo volume edito Mondadori: Le Sorelle Bronte.
Si tratta di un unico volume illustrato con all’interno alcune informazioni riguardo alle autrici e i loro libri di punta.

Il libro contiene: 
– AGNES GREY scritto da Anne Bronte;
– CIME TEMPESTOSE di Emily Bronte;
– JANE EYRE narrato da Charlotte Bronte;

Partecipo al Review Party organizzato da Michela di la_stanza_dei_libri e Federica di Infermieranerd, e tra i tre classici da trattare ho deciso di recensire Jane Eyre di Charlotte.

Aspiravo alla libertà; ardentemente desideravo la libertà; e pronunciai una preghiera per ottenere la libertà; mi sembrò che venisse dispersa dal debole soffio del vento.

Jane Eyre è il mio classico preferito, trovo che abbia un mix di elementi che lo rende unico e diverso dagli altri romanzi dell’ottocento. 

La nostra protagonista non è ricca, non è bella e non ha le aspirazioni che hanno le altre ragazze della sua età. Jane fin da piccola deve sopportare i maltrattamenti della zia e gli atti di bullismo, affronta questi disagi con forza e determinazione perché il suo unico obiettivo è ottenere la libertà.

Jane cresce, sopravvivere alla dura e spesso crudele disciplina della scuola che frequenta, ma grazie allo studio e alla conoscenza, diventa una stimata insegnante che la condurrà dall’uomo che le ruberà il cuore: Rochester.

Adoro l’ambientazione cupa e misteriosa che aleggia nella tenuta di Rochester. Una figura inquietante si aggira tra i corridoi, Jane ne avverte la presenza e cerca di non abbassare mai la guardia. Per gran parte del romanzo c’è un sottile confine che divide il reale dal surreale, tutto determinato da un’ambientazione inquietante e dai toni scuri. 

La relazione sentimentale è un crescendo di emozioni. Rochester è un uomo che ha un suo passato amoroso, ha profonde cicatrici e tende a guardare il mondo con astio, ma è con Jane che trova una fonte limpida. La ragazza fa valere i suoi pensieri, tiene testa ai discorsi del padrone di casa con schiettezza e questo atteggiamento attira lo sguardo di Rochester, catturando il suo cuore. 

Oltre al fattore romantico, la cosa che adoro di questo romanzo è come la protagonista, anche nei momenti critici, preferisce scegliere sempre la sua libertà. In un momento cruciale con la sua storia d’amore, scoprirà il grande segreto che nasconde Rochester e a quel punto la protagonista dovrà fare i conti con la realtà e decidere quale via prendere. 

Un romanzo dai toni cupi, con una protagonista che cerca di conquistare la sua libertà, non dando importanza al giudizio della società.
Un libro che tutti dovrebbero leggere. 

#Profottofornitoda @MondadoriOscarVault