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Follia di McGrath | Recensione

Follia

Patrick McGrath

Una grande storia di amore e morte e della perversione dell’occhio clinico che la osserva. Dall’interno di un tetro manicomio criminale vittoriano uno psichiatra comincia a esporre il caso clinico più perturbante della sua carriera: la passione tra Stella Raphael, moglie di un altro psichiatra, e Edgar Stark, artista detenuto per uxoricidio. Alla fine del libro ci si troverà a decidere se la “follia” che percorre il libro è solo nell’amour fou vissuto dai protagonisti o anche nell’occhio clinico che ce lo racconta.

Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da anni. Si tratta di relazioni la cui durata e la cui intensità differiscono sensibilmente, ma che tendono ad attraversare fasi molto simili: riconoscimento, identificazione, organizzazione, struttura, complicazione, e così via. 

Un romanzo che esplora gli angoli più bui della psiche umana. 

Ho sentito molti pareri contrastanti su questo libro, c’è chi l’ha amato e chi l’ha trovato pesante. Io devo ammettere che al termine della lettura ho provato un senso di confusione, non sapendo bene come definire questo libro. Ebbene mi sono presa qualche giorno per ragionare a mente fredda e sono arrivata a una conclusione. 

La storia tratta di Stella Raphael, moglie del vicedirettore di un’istituto di igiene mentale, che prova una forte attrazione per Edgar Stark,  un paziente che ha ucciso la moglie per gelosia. La storia viene raccontata da Peter, uno psichiatra che lavora da parecchi anni nella struttura, il quale ha seguito fin dai primi giorni il caso di Edgar. Stella si sente così coinvolta dalla passione e dall’amore tormentato per Stark che è pronta a rinunciare a tutto pur di stare con lui. 

Sono rimasta molto colpita dallo stile di scrittura che è scorrevole, immediato e a volte crudo. La trama è molto lineare, a tratti l’ho trovata anche prevedibile, ma è affascinante come Patrick va a esaminare gli angoli più oscuri della mente umana. 

I personaggi sono caratterizzati in modo magistrale, non solo i protagonisti, ma anche i secondari. Il pazzo dichiarato all’inizio della storia è Edgar, ma man, mano che si va avanti si scopre che la storia va a delineare il personaggio di Stella e l’evoluzione della sua mente provocata dall’ossessione per Stark. Le vicende proseguono senza colpi di scena, ma ho apprezzato particolarmente il finale che conclude il cerchio di questa narrazione di menti folli, ognuna in modo diverso e con i propri punti deboli. 

Follia è una storia dalla scrittura potente e intima, che affronta la complessità della mente umana toccando temi come: la depressione, il disagio e la frustrazione. 

Le notti bianche di Dostoevskij | Recensione

Le notti bianche

Dostoevskij

Un giovane sognatore, nella magia vagamente inquieta delle nordiche notti bianche, incontra una misteriosa fanciulla e vive la sua “educazione sentimentale”, segnata da un brusco risveglio con conseguente ritorno alla realtà. Un Dostoevskij lirico, ispirato, comincia a riflettere sulle disillusioni dell’esistenza e dell’amore nell’ultima opera pubblicata prima dell’arresto e della deportazione, esperienze che modificheranno in maniera radicale e definitiva la sua concezione dell’uomo e dell’arte. In questa edizione, al celebre racconto viene affiancata la visione “diurna” di Pietroburgo contenuta nei feuilletons che compongono la Cronaca di Pietroburgo, vero e proprio laboratorio per la scrittura dostoevskiana. Lo stretto legame tra pubblicistica e letteratura, che accompagnerà Dostoevskij negli anni della maturità, viene così a manifestarsi fin quasi dal suo esordio.

All’improvviso m’era sembrato che tutti volessero abbandonare me,  solitario, e che tutti da me s’allontanassero. Certo chiunque si sentirà in diritto di chiedere: chi sono mai questi tutti? Poiché ormai sono otto anni che vivo a Pietroburgo e non sono stato in grado di intrecciare quasi nessuna relazione. Ma a che mi servono le relazioni? 

Mi sono approcciata alla letteratura russa con Bulgakov (con Il maestro e Margherita), autore che non ho molto apprezzato, quindi mi sono avvicinata con molta cautela a Dostoevskij, pensando di trovare uno stile simile al suo collega. 

Le notti bianche è una storia magica e surreale. 

L’autore narra di un protagonista solo, ma che non vede la sua solitudine come un qualcosa di negativo, semplicemente si è adattato e ha imparato a osservare tutto ciò che gli capita intorno, ad ascoltare e a riflettere. Il mondo del giovane sognatore, che ha sempre vissuto una vita tranquilla e senza sconvolgimenti, viene travolto dall’incontro di una giovane donna. Così la  solitudine viene spazzata via dal desiderio e dall’amore che prova il protagonista per Nasten’ka.

Il lettore riesce facilmente a empatizzare  con il protagonista, il quale mantiene una linea coerente e di crescita: esce dal gusto di solitudine, viene trascinato nel vortice dell’amore per poi cadere nel baratro della realtà. 

Dostoevskij propone al lettore una storia delicata con uno stile poetico. La trama è lineare e l’ambientazione che crea l’autore è magica e surreale. Ho adorato lo stile, anche se ci sono alcune parti che, personalmente, ho trovato un po’ prolisse.

Le notti bianche non è solo una storia che parla di amore, ma tratta di solitudine, di sogni e di realtà nell’incantevole cornice innevata di Pietroburgo. 

Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio di Rundell | Recensione

Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio 

Katherine Rundell

«La letteratura per ragazzi ha una lunga e nobile storia di scarsa considerazione. Sul volto di certe persone si disegna un sorrisetto particolare quando racconto loro che cosa faccio, più o meno lo stesso che mi aspetterei di vedere se dicessi che costruisco minuscoli mobili da bagno per elfi. Scrivo narrativa per ragazzi da oltre dieci anni ormai, e faccio ancora fatica a darne una definizione. Ma so con certezza che cosa non è: non è solo per ragazzi.» Katherine Rundell firma un’appassionata difesa della letteratura per ragazzi, contro i pregiudizi e gli snobismi di chi pensa che leggerla dopo una certa età sia bandito. Ma chi lo ha detto che c’è un’unica direzione di lettura nella vita? Che non si possa andare avanti e indietro, mischiare i generi, leggere contemporaneamente Joyce e Dahl, i saggi di Derrida e le avventure di Mary Poppins? Leggere libri per ragazzi da adulti non è regredire, non è tornare indietro, ci spiega Rundell con puntuta saggezza, al contrario se li abbandoniamo del tutto «lo facciamo a nostro rischio e pericolo, perché rinunciamo a uno scrigno di meraviglie che, guardate con occhi adulti, possiedono una magia completamente nuova.»

Quando scrivo, scrivo per due persone: la me di quando avevo dodici anni e la me di oggi, e il libro deve soddisfare desideri diversi ma intrecciati. 

Katherine Rundell è un’autrice di libri per ragazzi e in questo saggio non solo si sofferma sul come si è avvicinata al genere, ma sottolinea l’importanza di queste storie. 

Da dove arriva la letteratura per ragazzi?
In questo saggio ho scoperto che i primi libri per ragazzi in lingua inglese erano manuali di buone maniere. Così parte l’analisi di Rundell: in modo sintetico, con interessanti riferimenti letterari e critici, percorre l’evoluzione di questo genere.

Interessante e costruttiva la parte delle favole, analizza in particolar modo le rivisitazioni della fiaba di Cenerentola prendendo in considerazione la più conosciuta, ovvero quella della Disney, per toccare anche le versioni più tradizionali e antiche.

Io per prima adoro la letteratura per ragazzi e in questo genere si possono identificare due tipologie di storie: quelle che si limitano alla semplice avventura, e quelle che hanno una doppia chiave di lettura adatte quindi non solo a un pubblico per più piccoli, ma anche ai grandi. 

Ho apprezzato molto questa lettura, anche se forse troppo breve, ma  trovo che sia un ottimo testo se si vuole conoscere meglio questo genere letterario. 

Un piccolo saggio che esalta i libri per ragazzi e che spiega a chiare lettere che questo genere non ha limiti di età. 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi | Recensione

Finché il caffè è caldo 

Toshikazu Kawaguchi

ECCO LE 5 REGOLE DA SEGUIRE:
1. Sei in una caffetteria speciale. C’è un unico tavolino e aspetta solo te.
2. Siediti e attendi che il caffè ti venga servito.
3. Tieniti pronto a rivivere un momento importante della tua vita.
4. Mentre lo fai ricordati di gustare il caffè a piccoli sorsi.
5. Non dimenticarti la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi.

In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato. Non tutti hanno il coraggio di entrare nella caffetteria, ma qualcuno decide di sfidare il destino e scoprire che cosa può accadere. Qualcuno si siede su una sedia con davanti una tazza fumante. Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre. Ognuna di loro ha un rimpianto. Ognuna di loro sente riaffiorare un ricordo doloroso. Ma tutti scoprono che il passato non è importante, perché non si può cambiare. Quello che conta è il presente che abbiamo tra le mani. Quando si può ancora decidere ogni cosa e farla nel modo giusto. La vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo.

Kazu è ancora convinta che, se vuole, la gente troverà sempre la forza di superare tutte le difficoltà che si presentano. Serve solo cuore. E se quella sedia ha il potere di cambiare il cuore delle persone, di sicuro un senso deve averlo. 

Una storia dai toni orientali intensa, profonda e magica. 

Finché il caffè è caldo è l’opera di esordio di Kawaguchi, un romanzo che apparentemente si presenta come una lettura leggera e di intrattenimento, ma in realtà, come gran parte delle opere di autori orientali, scopre i punti sensibili dell’animo umano.

In una caffetteria che ha più di cento anni, il lettore scopre quattro storie che parlano di quattro relazioni diverse. Nel primo racconto Fumiko è una donna che viene lasciata senza una motivazione dell’amore della sua vita, nel secondo Fusagi è un uomo che non ricorda il nome della moglie, nel terzo c’è la storia complicata tra due sorelle e nell’ultimo si parla di una madre e di una figlia. Queste persone hanno una cosa in comune:  vogliono tornare indietro nel tempo per rivivere un dato momento. Questo può succedere solo in questa caffetteria che ha delle regole ben precise sul viaggio nel tempo. 

La narrazione è fluida, a tratti un po’ descrittiva, ma mai noiosa. Lo stile di Kawaguchi è scorrevole e intimo, e ciò permette al lettore di comprendere al meglio ogni personaggio.

La caffetteria è un luogo che trasporta il lettore in un’ambientazione surreale, magica, sospesa tra lo spazio e il tempo.  Un posto ovattato e isolato dal resto del mondo, dove emergono le debolezze umane e i rimorsi. 

La struttura dei racconti è ben articolata perché come filo che li unisce non c’è solo l’ambientazione, ma anche alcuni personaggi che compaiono di racconto in racconto, entrando nel cuore del lettore. 

L’autore narra in modo approfondito, ma mai prolisso, le storie dei personaggi: chi sono, da dove vengono, i loro sogni, le loro speranze e le loro relazioni. Questo modo di raccontare permette di tenere bene a mente la complessità del viaggiatore che si appresta a tornare indietro nel tempo. 

Finché il caffè è caldo è una storia che mi ha fatto sorridere, mi ha stupito e mi ha commosso più volte, soprattutto con il racconto “Marito e Moglie” e “Madre e Figlia”. Una storia delicata e dai toni orientali che parla di persone che si sentono smarrite, abbandonate e di come riescono a sollevarsi dinanzi a una tazza di caffè. 

#Prodottofornitoda @Garzanti

Vite di gatti straordinari di Perez e Lacombe | Recensione

Vite di gatti straordinari

Perez e Lacombe

I gatti, che mistero. Vi siete mai chiesti quali pensieri si nascondano dietro quegli occhi maliardi? E quali avventure vivono, i misteriosi, mentre noi non li guardiamo? Quindici vite segrete di gatti straordinari messe in poesia da Sébastien Perez e magnificamente illustrate da Benjamin Lacombe.

Vite di gatti straordinari è un magico albo illustrato da Lacombe e scritto da Perez. 

In questo volume Sébastien Perez racconta con la poesia le vite di quindici gatti straordinari. L’autore prova a dare una risposta ai suoi interrogativi riguardo il mondo felino: si domanda quali pensieri nascondono e quali sono i loro atteggiamenti appena noi umani non li guardiamo. 

Ad accompagnare le poesie ci sono le meravigliose illustrazioni di Benjamin Lacombe. Le tavole, che sembrano realizzate con tecnica tradizionale, sono lavorate nel minimo dettaglio. Ogni gatto ha una propria definizione non solo dal punto di vista caratteriale, ma anche fisico. 

Il lettore così conosce la bella Evita che avrà a che fare un un pesce rosso, il povero gatto Socrate perseguitato per il colore del pelo, Ippolito che deve vedersela con il fidanzato della sua padrona e così via. Storie ordinarie che vengono affrontate da gatti straordinari. 

Leggendo questo albo non ho potuto fare a meno di rivedere alcuni comportamenti dei miei gatti e, al termine della lettura, mi sono domanda se anche Aki e Jack vivono le stesse avventure raccontate da Perez e Lacombe. 

Vite di gatti straordinari non è solo un albo adatto agli amanti dei gatti, ma anche a chi ama collezionare questi libri realizzati in modo impeccabile nel minimo dettaglio e per chi, come Perez, vuole provare a capire alcuni atteggiamenti dei felini. 

#Prodottofornitoda @Rizzoli

Il ragazzo di 1000 anni di Ross Welford | Recensione

Il ragazzo di 1000 anni

Ross Welford

Alfie Monk sembra un normalissimo adolescente. Solo che ha mille anni e ricorda perfettamente l’ultima invasione dei vichinghi in Inghilterra. Quando un incendio distrugge tutto ciò che ama e conosce, Alfie è costretto a chiedere aiuto a due suoi coetanei. O meglio, a due veri undicenni. Grazie a loro il ragazzo millenario scoprirà un modo di vivere diverso, un modo di vivere che non dura per sempre.

Vi piacerebbe vivere per sempre? Purtroppo, non me la sento di consigliarlo. Ormai ci sono abituato e mi rendo conto che è una cosa speciale. Solo che ora voglio smettere. Voglio crescere come tutti voi.

Un romanzo avventuroso e originale.

Protagonista indiscusso è Alfie, un ragazzino che ha perso il padre e che vive nel 1014 a.C. con il gatto Biffa e sua madre. In un momento critico Alfie decide ci usare le viperle (le perle della vita che gli ha lasciato in eredità il padre) per ottenere la vita eterna. Scelta che fa di nascosto dalla madre, la quale avrebbe voluto che usasse queste perle una volta raggiunta la maggiore età. Passano gli anni, Alfie insieme a Biffa (anch’essa immortale) e sua madre vivono cercando di limitare i contatti sociali con le persone. Una tragedia colpisce il protagonista che si troverà ad allacciare un rapporto di amicizia con due veri undicenni Aidan e Roxy.

Il ragazzo di 1000 anni è  un libro avventuroso con un’alternanza di episodi presenti e passati. Nel corso della lettura si conosce bene Alfie e la sua storia. 
I capitoli si alternano con due punti di vista, quello di Alfie e quello di Aidan. Quest’ultimo è un ragazzino introverso che sta affrontando un periodo particolarmente difficile per le incomprensioni e i litigi tra i suoi genitori. La vita di Aidan prende una via diversa quando incontra Roxy e Alfie.

Lo stile di Welford è semplice e fluido, la storia è scorrevole e dinamica, non ci sono tempi morti, e i personaggi sono ben caratterizzati. Personalmente ho apprezzato particolarmente Alfie, il piccolo vichingo eternamente bloccato nel corpo di un undicenne. 

Il ragazzo di 1000 anni è una storia avventurosa e originale che parla di coraggio, di amicizia e dei piccoli piaceri della vita. Adatto non solo a un pubblico per più piccoli, ma anche ai grandi che vogliono leggere qualcosa di leggero e frizzante. 

#Prodottofornitoda @HarperCollins

Il canto dell’usignolo di Hearn | Recensione

Il canto dell’usignolo. La saga degli Otori: 1

Lian Hearn

In un Giappone medievale mitologico, il giovane Takeo cresce in seno a una comunità pacifica che condanna la violenza ma che sarà massacrata dagli uomini di Iida, il signore del clan dei Tohan. Takeo è salvato dal nobile Shigeru, del clan degli Otori, si troverà al centro delle lotte sanguinarie tra i signori della guerra e dovrà arrendersi al proprio destino. Ma chi è davvero Takeo? Contadino, nobile o assassino? Da dove arrivano i suoi prodigiosi poteri? In un mondo fuori dal tempo, dominato da codici d’onore e da rigidi rituali di una tradizione millenaria, Takeo incontrerà per la prima volta l’amore: dovrà forse scegliere tra quest’amore, la sua devozione al nobile Shigeru e il suo desiderio di vendetta? La sua ricerca lo condurrà fino alla fortezza di Inuyama, a camminare sul “pavimento dell’usignolo”. Ma quella notte l’usignolo canterà?

E poi, a voce alta, lesse per me: «Il Clan Otori dà il benvenuto ai giusti e ai leali. Gli ingiusti e gli sleali stiano in guardia».
Sotto i caratteri era inciso lo stemma, raffigurante un airone.

La saga degli Otori è il primo volume di una serie orientale, ambientato in un Giappone feudale e immaginario. 

Protagonista indiscusso è Takeo, un ragazzo di sedici anni che fa parte del Clan degli Occulti. Quando il suo villaggio viene attaccato dal Clan Tohan, Takeo trova rifugio e protezione da Shigeru, erede del Clan Otori. 

Da questo momento in poi Takeo cambia identità e da ragazzo pacifico, nato e cresciuto in un Clan che rifiuta ogni tipo di violenza, ecco che si trova ad apprendere tutto ciò che riguarda la lotta, la guerra e la strategia. Ma Takeo non è un comune ragazzino perché ha delle abilità speciali. 

Il lettore segue anche le vicende di Kaeda, una quindicenne tenuta in ostaggio nel castello di Noguchi, un importante alleato del Clan Tohan. Kaeda sa cosa comporta essere un ostaggio, soprattutto per una donna che fa parte del Clan Seishuu. Il suo destino si intreccerà con quello di Takeo, dando vita a un sentimento forte. 

Il romanzo si apre con una precisazione dell’autrice, la quale chiarisce che, il carattere dell’opera è totalmente immaginario e non ci sono corrispondenze di avvenimenti storici e luoghi geografici. Ho apprezzato questo appunto, ma devo ammettere che la storia non mi ha molto conquistata, forse ero partita con troppe alte aspettative. 
Ho trovato lo stile di scrittura scorrevole, ma un po’ troppo descrittivo. Lian Hearn preferisce più raccontare che far agire i suoi personaggi e ciò non permette di provare empatia con loro, che appaiono distanti. Per quanto riguarda la dinamica amorosa l’ho trovata purtroppo frettolosa e poco approfondita. 

La trama è lineare, non ci sono particolari intrecci o colpi di scena, ed essendo il primo volume di una saga mi sento di dire che parliamo più di un capitolo introduttivo. 
Ho apprezzato l’ambientazione ben delineata e affascinante. All’inizio si fa un po’ fatica a entrare nella storia, ma grazie a un breve elenco, a inizio libro, con i nomi dei personaggi e dei vari Clan, la lettura risulta più fluida.

Nel complesso ho trovato il libro piacevole, anche se mi aspettavo molto di più. Una storia a sfondo orientale con battaglie, intrighi ed elementi fantastici dove non manca l’avventura e l’amore. 

 

Hated. Gli occhi del demone di A. E. Moranelli | Recensione

Hated. Gli occhi del demone

Angelica Elisa  Moranelli

Le strade di Isy e Veil si sono incrociate in una notte di sangue e tempesta e, da allora, non si sono più separate. Isy era solo una bambina il giorno in cui i demoni hanno fatto a pezzi sua madre: suo padre l’ha addestrata perché diventasse una Cacciatrice, come lui. Veil aveva solo undici anni quando suo padre è stato ucciso da un Cacciatore: ora segue in catene la figlia dell’assassino del padre e sarà venduto ai Monaci, diventando carne da macello per i loro esperimenti. Costretti da un destino beffardo, la cacciatrice e il demone affrontano da anni, uniti dalle catene e separati dai pregiudizi, l’estenuante viaggio in un mondo brutale in cui la Natura si è riappropriata del pianeta, seppellendo le città e la maggior parte delle creazioni umane. Ruderi di case e carcasse di automobili, luna park abbandonati e cimiteri dimenticati fanno da sfondo a una guerra sanguinosa che dura da secoli, quella fra gli Uomini e la loro Nemesi: i Demoni. In questo mondo in rovina, dominato dalla superstizione e da una feroce teocrazia, Isy e Veil dovranno affrontare l’odio dei nemici, il disprezzo dei loro simili, le atrocità di esseri senza scrupoli e i tranelli di una Natura crudele che li ha messi al mondo nell’odio ma non li ha resi immuni all’amore.

Non lasciarti sedurre dalla sua bellezza. Un Thulir non scende a patti, non nutre affetto.

Un urban fantasy dove l’amore supera ogni cosa.

Ho avuto la possibilità di leggere Hated in anteprima e di parlarne con Angelica proprio quando questa storia era in fase di stesura. Finalmente ho riletto il romanzo, ma questa volta in una veste diversa perché pubblicato dalla casa editrice Homo Scrivens.

Angelica ambienta la storia in un futuro post apocalittico e il nostro mondo, quello in cui viviamo, è solo una favola che Isy sente narrare.
Isy è una protagonista che costantemente combatte contro se stessa, divisa tra ciò che prova e il dovere. E’ una semplice ragazza alle prese con le emozioni suscitate dal suo demone taciturno, ma è anche una Cacciatrice che prova a reprimere questi sentimenti proprio perché vanno contro il ruolo che riveste. 

Veil l’ho amato fin da subito. Lui è un Thulir, un demone del vento. E’ un personaggio taciturno, introverso, eppure nei suoi silenzi c’è un passato difficile che lo ha condotto a Isy, alla loro fuga e ai loro sentimenti. Angelica sa benissimo quanto io ami Veil, che non appare solo come il bello e il maledetto perché ciò che affascina è la struttura realistica che lo rende  un personaggio enigmatico.

Ho apprezzato anche tantissimo l’ambientazione. Isy cammina per le strade, le descrive e ricorda le favole che le raccontava la madre riguardo al mondo com’era prima. Dove c’erano negozi, strade e case ora c’è solo una natura selvaggia che avvolge i ruderi.
Adoro lo stile di scrittura di Angelica, semplice e fluido, e ogni parola, ogni virgola è al posto giusto per dare la perfetta carica emotiva. 

La narrazione si incentra principalmente su Isy e Veil, ma durante il loro viaggio incontreranno altri demoni, amici, nemici e persone del passato. La storia è un crescendo di emozioni e di azioni che tengono incollato il lettore alle pagine. Hated è il perfetto esempio di come anche quando si parla di una storia fantasy sia tutto molto realistico e attuale, leggendo tra le righe si scoprono anche messaggi che l’autrice trasmette e che fanno riferimento alla nostra società.

Un fantasy avventuroso che parla di amore, di pregiudizio, di esclusione e del coraggio di prendere le decisioni giuste per noi stessi.