Il trentaseienne Mitsuo Kawano si divide tra la famiglia e il lavoro di redattore in una rivista d’attualità, e per compensare l’inesistente vita sessuale con Atsuko, la madre dei suoi figli, frequenta locali a luci rosse. Un giorno incontra per caso Goro Kida, un ex compagno di classe diventato presidente dell’azienda di famiglia, che lo invita a trascorrere una serata in un lussuoso club. Lì lavora come entraîneuse la bella e misteriosa Mitsuko, un’altra ex compagna di classe, il primo amore segreto di Mitsuo, la ragazza che nel suo diario chiamava “Azami”, come il fiore del cardo. I ricordi riaffiorano e ben presto tra i due nasce una relazione in cui Mitsuo riscopre una passionalità inattesa e totalizzante. Tuttavia, l’apparente equilibrio tra la quotidianità e gli incontri furtivi è destinato a incrinarsi per mano dell’intrigante Goro Kida… Coincidenze e simbologie impreziosiscono l’evocativa scrittura dell’autrice, dalla radice dei nomi di Mitsuo e Mitsuko – che racchiude l’idea dell’appagamento, benché nessuno dei due sia soddisfatto della propria vita – al fiore del cardo, un fiore bello ma pieno di spine, emblema dell’indipendenza e della vendetta. Nelle pagine di Azami, primo romanzo di una pentalogia, Aki Shimazaki racconta di una famiglia come tante, dipingendo sentimenti intimi, rapporti lacerati vissuti nell’ombra e nella menzogna.
Con uno stile scorrevole e semplice, Aki Shimazaki racconta la storia di un trentaseienne che ha una moglie devota, dei bellissimi bambini e una posizione di tutto rispetto in una rivista d’attualità. Mitsuo sembra avere una vita perfetta, è un grande lavoratore e si dimostra essere una persona affettuosa e premurosa con la sua famiglia. Ciò che va a incrinare il suo umore è il fatto di non avere più rapporti intimi con la moglie, ma tutto cambia quando incontra, per caso, la sua vecchia compagna di classe: la bella e misteriosa Mitsuko.
Azami è il primo volume di una pentalogia e sono rimasta piacevolmente colpita dallo stile dell’autrice che, con una storia lineare, è riuscita a intrattenermi e a conquistarmi.
Shimazaki racconta una storia che parla di infelicità, di tradimenti, di desiderio, di dovere e di reputazione. Quest’ultimo è un punto essenziale che fa da colonna portante per la società orientale.
La storia è intima e introspettiva, vista dal punti di vista del protagonista che mi ha messo più di una volta in crisi durante la lettura. In alcune circostanze ho provato pena per Mitsuo, altre volte rabbia. Il tradimento è una cosa che non concepisco, ma nonostante questo sono andava avanti nella storia, curiosa di sapere l’autrice dove voleva andare a parare.
Nel romanzo compare un altro personaggio importante, Goro, un vecchio compagno di classe di Mitsuo, il quale sarà la chiave del primo incontro tra la coppia principale della storia. Ho apprezzato la caratterizzazione di Goro e di Mitsuko, anche se avrei preferito approfondire maggiormente questi due personaggi.
Un romanzo piccolo e veloce che ti cattura con lo stile di scrittura e, con una trama lineare, ti vincola alle pagine fino alla fine.
Katja è una bambina che vive con i genitori in una cittadina di periferia al decimo piano di una casa prefabbricata di epoca sovietica. Nel mondo di Katja dalla ciminiera della fabbrica esce un drago dal muso affilato, le macchie sul soffitto si trasformano in figure umane e le colonne di numeri prendono le sembianze di una poesia. Ma al mondo circostante Katja non serve: i ragazzini la prendono in giro e i grandi non hanno forze e tempo da dedicarle. E Katja trova una via di uscita; ma a quel punto si intromette uno spirito del folclore russo, la kikimora, che vive dietro ai fornelli della cucina. Insieme le due si avventurano in un viaggio spericolato che le porta a superare in crudeltà coloro che le avevano tormentate.
All’improvviso Katja iniziò a parlare, a lamentarsi: aveva capito che nessuno le voleva bene e e la voleva ascoltare, e comprendere, e aiutare. Che Katja voleva bene alla mamma, mentre la mamma non le voleva bene come avrebbe dovuto. […] Che Katja un pochino voleva bene al padre, mentre lui, q quanto pareva, la odiava proprio […]
Katja è una bambina che vive in una cittadina di periferia in una casa prefabbricata di epoca sovietica e ha un rapporto complicato con i genitori: il padre sembra odiarla, mentre la madre è succube del marito. Entrambi non l’ascoltano e non le pongono le giuste attenzioni, troppo presi dalla routine quotidiana. I problemi della protagonista continuano anche quando va a scuola perché non riesce a relazionarsi con i suoi coetanei, i quali non perdono occasione nel prenderla in giro. Per Katja la vita è difficile, stancante, è costretta a isolarsi per proteggersi. Durante la giornata fa il conto di quanto manca alla sera perché è l’unico momento in cui è in pace con se stessa.
La storia si focalizza sulla protagonista, una bambina che non si sente amata, non si sente compresa e che soprattutto non viene ascoltata. Questa situazione non fa altro che farla chiudere in se stessa arrivando a isolarsi dal mondo. Durante le giornate succedono dei fatti misteriosi a casa di Katja, oggetti che scompaiono o che si rompono e poco dopo la protagonista scoprirà la colpevole: una Kikimora.
La Kikimora è una figura del folclore russo che si presenta come una creatura silenziosa, stramba non solo nel comportamento, ma anche nell’aspetto. Katja inizierà in viaggio con la Kikimora e per la prima volta inizierà ad aprirsi, a parlare, a sfogarsi e questi piccoli gesti l’aiuteranno a infrangere quel muro che si era costruita.
Si tratta di una storia dove emerge il realismo magico con elementi onirici, lo stile di scrittura è ricercato, ma a volte l’ho trovato non fluido e questo spesso mi ha reso un po’ “pesante” la lettura. La storia si focalizza molto sulla descrizione delle giornate di Katja, approfondendo il suo stato d’animo e la sua solitudine, solo a metà libro incontrerà la Kikimora che smuoverà un po’ la narrazione.
Quando manca alla sera è un romanzo che consiglio a chi si è sentito o si sente solo e incompreso, e a chi è curioso di conoscere la figura del folclore russo, la Kikimora.
#Prodottofonirtoda @AtmosphereLibri
Leonard non aveva mai avuto un nome, o un corpo tutto suo, o un migliore amico. Poi ha incontrato Olive, ed essere un gatto alieno… è diventata un’avventura incredibile. Non tutti i giorni si compiono trecento anni! Ecco perché, per festeggiare l’occasione, agli abitanti di un piccolo pianeta sperduto nella Galassia è concesso trascorrere un mese di compleanno sulla Terra, prendendo la forma che preferiscono. Alcuni scelgono di essere delfini, per vivere nei panni della creatura più intelligente del mondo, altri scelgono il falco, per volare altissimi nel cielo, altri ancora il pinguino, o il lupo… Nessuno vuole diventare un umano. Nessuno tranne l’alieno di questa storia, che invece non vede l’ora di trasformarsi in guardia forestale, con un bel paio di baffi e stivali. Durante il viaggio sulla Terra, però, qualcosa va storto e il festeggiato si ritrova all’improvviso nel corpo di… un gatto in cima a un albero. Nel bel mezzo di una tempesta. A migliaia di chilometri dal punto in cui dovrebbe essere! Per fortuna, un’umana di nome Olive corre in suo aiuto e accoglie l’alieno gatto in casa propria. Decide di chiamarlo Leonard e adottarlo: lo fa dormire nel letto con lei, gli accarezza la testa, gli racconta i suoi segreti. Leonard è così felice che gli sembra di volare e vorrebbe che questo compleanno non finisse mai. Ma che cosa direbbe Olive se scoprisse la sua vera identità?
Il protagonista è un alieno che per il suo trecentesimo compleanno ha la possibilità di passare un mese sul pianeta terra per studiare gli umani. Il suo desiderio è quello di prendere le sembianze di una guardia forestale, ma qualcosa va storto durante il viaggio e si troverà nel corpo di un gatto. Nel momento del pericolo arriverà una ragazzina di undici anni a salvarlo che lo terrà con sé dandogli un nome: Leonard.
Ci sono quelle letture che hanno il potere di farti “respirare”, di sollevarti lo spirito con una storia spensierata, ma anche piena di sentimento e di bei messaggi. Quasi come un gatto è una lettura che mi ha tirato su con il morale per la sua dolcezza.
La storia è vista tutta dal punto di vista di Leonard. L’alieno/gatto studia gli umani, in particolar modo la vita della piccola Olive, un’undicenne che vive una situazione familiare non piacevole: ha perso il padre e non accetta il nuovo compagno della madre. A questo si unisce anche il fatto che Olive è una ragazzina che non riesce a relazionarsi con gli altri e ha difficoltà a fare amicizia, ma con Leonard nasce subito una bellissima sintonia.
Il lettore segue la crescita del simpatico Leonard, il quale scopre tanti aspetti degli umani che prima non conosceva, e il percorso della tenera Olive, la quale instaura una profonda amicizia con il suo gatto. La storia prosegue con un ritmo ben cadenzato tra momenti divertenti e attimi toccanti.
Un romanzo dolce, divertente che parla di amicizia, di crescita, e soprattutto di famiglia. Una storia che ti cattura con la sua leggerezza e alla fine ha il potere di farti provare una stretta di commozione alla fine.
#Prodottofornitoda @DeaPlanetaLibri
Canton, 1770. Shi Yu non ha mai conosciuto i suoi genitori. Ha sei anni e lavora per l’irascibile locandiere Bai Bai, che non le risparmia insulti e frustate. Un giorno, alla locanda Yu incontra Li Wei, un ragazzino esperto di arti marziali. Yu lo convince a insegnarle a combattere: la ragazza ha talento, si vede subito. Quando, pochi anni dopo, viene rapita dai pirati della ciurma del terribile Drago d’Oro, a salvarle la vita è proprio la sua abilità nella lotta: invece di ucciderla, Drago d’Oro la arruola nell’equipaggio. È l’inizio dell’ascesa di Yu nel mondo della pirateria. A diciannove anni diventa comandante di un’intera flotta, che in breve arriva a contare più di cento navi. Il suo nome terrorizza il Mar della Cina, la sua forza sembra inarrestabile Ma la straordinaria fama di cui gode le ha creato un nemico, tanto potente quanto misterioso, che è pronto a tutto pur di distruggere il wushu dell’Aria e dell’Acqua, lo stile di arti marziali leggendario di cui la ragazza è diventata l’ultima maestra. Un’avventura mozzafiato e un romanzo di formazione, ispirato alla storia vera di Ching Shih, che comandò la più grande flotta pirata di tutti i tempi.
E’ così che funziona il mondo. […] E l’ho imparato fin da quando ero bambina e facevo la serva in una locanda. Se vuoi sopravvivere non puoi lasciarti schiacciare. Devi guadagnarti il rispetto degli altri. La faccia, come la chiama Abbondanza. E l’unico modo per riuscirci è essere forte.
In una Cina del Settecento il lettore conosce Shi Yu, un’orfana che prima lavora come serva in una locanda, poi stanca di subire soprusi decide di imparare le arti marziali grazie all’incontro fortuito con un ragazzino di nome Wei e suo nonno. Questo è solo l’inizio della storia di Yu, una ragazzina che comanderà la più grande flotta pirata.
Un romanzo di formazione che ho trovato interessante e introspettivo. Morosinotto si ispira alla vera storia di Ching Shih, una pirata cinese che ha terrorizzato il mare della Cina andando in conflitto con le più grandi nazioni come l’impero britannico.
Il romanzo ha un ritmo a tratti un po’ lento, i capitoli sono divisi in modo da scandire le fasi della crescita della protagonista partendo da quando ha sei anni. Il lettore si affeziona a Shi Yu che all’inizio è una bambina spaventata dal mondo che vuole diventare forte per difendersi, poi percorre la sua strada da pirata, affronta le avversità della vita a testa alta, si innamora, si troverà ad avere a che fare non solo con battaglie, ma anche con chi è pronto a pugnalarla alle spalle.
L’ambientazione è ben curata, l’autore ci tiene a descrivere non solo per bene gli ambienti, ma anche la cultura orientale che è particolare e affascinante. Lo stile di scrittura è scorrevole, ma a tratti un po’ troppo descrittivo per i miei gusti.
Il romanzo si incentra su Shi Yu, ma compaiono tanti personaggi con soprannomi bizzarri e divertenti, infatti all’inizio del romanzo c’è un piccolo elenco che li segna tutti. Sono una lettrice che ha parecchia difficoltà a seguire la storia quando ci sono troppo personaggi, ma il glossario mi è stato molto utile.
Un romanzo di formazione intenso che secondo me non è solo adatto ai ragazzi, ma anche a un pubblico più grande. Si parla di coraggio, di forza e di una donna che prende in mano la sua vita.
#Prodottofornitoda @Rizzoli
La libreria Natsuki è un luogo speciale: un negozio polveroso e solitario, dove gli amanti della lettura possono trovare, tra le pagine dei grandi capolavori di tutto il mondo, un’oasi di pace, un rifugio lontano dal frastuono della quotidianità. Quando il proprietario, uomo colto e appassionato, muore improvvisamente, il nipote Rintaro, un ragazzino timido e introverso, eredita la libreria. Il nonno si è preso cura di lui dopo la morte di sua madre e, ora che è scomparso, Rintaro deve imparare a fare a meno della sua saggezza dolce e pacata. La libreria è sull’orlo del fallimento: un’eredità pesante per il ragazzo, anche perché i segnali dal mondo sono piuttosto scoraggianti: poca gente è davvero interessata alla lettura. Un giorno, mentre Rintaro si crogiola malinconico nel ricordo del nonno, entra in libreria un gatto parlante. Nonostante le iniziali perplessità del ragazzino, il gatto lo convince a partire per una missione molto speciale: salvare i libri dalla loro scomparsa. Inizia così la storia di un’amicizia magica: un’avventura che li porterà a percorrere quattro diversi labirinti per risolvere altrettante questioni esistenziali sull’importanza della lettura e sulla forza, infinita e imperscrutabile, dell’amore. Una favola dei nostri tempi, un’ode straordinaria al potere del libro e dell’immaginazione.
Un viaggio surreali dalle tinte orientali.
Rintaro è un ragazzino delle superiori timido e introverso ed è anche un Hikikomori, ovvero un ragazzo che si chiude in se stesso, non volendo alcun contatto con la società che lo circonda. Le cose per Rintaro cambiano quando il nonno muore e così eredita la sua antica libreria che è ormai in fallimento. Una sera, il protagonista incontrerà Tora, un gatto che lo trascinerà in una missione: salvare i libri.
Con uno stile delicato e scorrevole, Natsukawa non si limita solo a raccontare un’avventura surreale con un protagonista che cresce e si evolve capitolo dopo capitolo, ma l’autore va a sviscerare il significato dell’amore per i libri.
Il ritmo l’ho trovato un po’ lento per i miei gusti, ma ho apprezzato i tanti spunti di riflessione inerente all’essere un lettore e al concetto dell’amore per i libri, i quali vengono sempre più considerati come un bene materiale, degli oggetti da possedere.
Non sono entrata molto in empatia con Rintaro, ma ho apprezzo il suo viaggio e la sua crescita. Al termine della storia abbiamo un protagonista più consapevole di ciò che gli piace e di ciò che vuole fare. La storia si alterna tra l’avventura surreale e i disagi scolastici del protagonista, il tutto con la presenza attenta del gatto Tora.
Un romanzo delicato e interessante che appassionerà sicuramente tutti coloro che amano la lettura.
#prodottofornitoda @mondadori
Il giovane Omuta Toshikiyo è l’uomo più ricco della città giapponese di S. È sposato con una donna bellissima che è riuscita a fargli superare la sua naturale misoginia e ha un caro amico, bello e spiantato. Un giorno Toshikiyo cade da una rupe e muore. Riaprirà gli occhi in una bara, trasformato in un demone tornato dall’Inferno e, una volta evaso dalla tomba di famiglia, scoprirà che la sua precedente vita non era affatto idilliaca come sembrava ma nascondeva molti inganni. Crollata ogni certezza, decide di dare inizio alla sua vendetta, ispirandosi al nume tutelare di Edmond Dantès, Conte di Montecristo, e guidato da un forte istinto di giustiziere. Edogawa Ranpo, autore di culto anche in Occidente, ha dato vita a un’opera lucida e spietata come un revenge movie del cinema orientale e insieme debitrice al gotico e al noir di Marie Corelli e Edgar Allan Poe, creando un ibrido letterario ricco di fascino, profondamente perturbante.
In questo momento, di fronte a me, quel brav’uomo del professore del carcere attende sornione l’inizio della mia lunga storia. Di fianco, invece, un abile stenografo è intento a temperare la matita, pronto a scattare al primo movimento delle mie labbra. […] Sì, sono uno spietato assassino!
Il demone dai capelli bianchi (pubblicato la prima volta nel 1932) è un romanzo che ha dei chiari riferimenti al classico de Il Conte di Montecristo. Il protagonista è il visconte Omuta, uomo che possiede una grande fortuna e che ha una profonda amicizia con Kawamura. I due giovani condividono tutto, vivono quasi in simbiosi. Quando Omuta si innamora perdutamente della bellissima Ruriko, sembra aver trovato la felicità assoluta, ma durante una scampagnata insieme alla giovane moglie e al fidato amico, il protagonista viene coinvolto in un incidente. Omuta si risveglierà dopo cinque giorni nella tomba di famiglia e, una volta compreso il tradimento da parte delle persone più importanti della sua vita, deciderà di crearsi una nuova identità per seguire il sentiero della vendetta.
Edogawa Ranpo era un grande amante della letteratura occidentale e anche se per almeno metà libro la trama è abbastanza prevedibile, per il riferimento evidente al Conte di Montecristo, la storia mi ha coinvolta con l’ambientazione noir e spesso grottesca. Con uno stile fluido, il lettore segue il racconto del protagonista.
Omuta si racconta, sembra quasi di averlo al nostro fianco, mentre svela i suoi pensieri e riflette sulle sue azioni, spesso raccapriccianti. Il lettore non può fare altro che leggere (e ascoltare) le sue parole.
Ho trovato ben costruita la caratterizzazione dei personaggi: l’evoluzione estrema, ma anche molto realistica di Omuta, la brama di Kawamura e l’ambizione e la vanità di Ruriko. Un trio che rappresenta bene alcuni lati oscuri del genere umano.
Il demone dai capelli bianchi è un viaggio nella psicologia di un uomo che evolve i suoi pensieri ottusi quando raggiunge la felicità, per poi mutare completamente nel momento in cui viene ferito. Vendetta, rimorso, rancore, avidità e ambizione, questi sono gli elementi portanti di questo romanzo.
Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelanconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Ma quando i ricordi approdano all’anno della balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. Che anno fu! Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.
Capita a volte, come non mai in questo periodo storico che stiamo vivendo, di avere l’esigenza di leggere una storia che ci faccia sentire a casa. Un romanzo che abbia il potere di farci sentire protetti dal mondo. Pochi libri riescono a farmi sentire così, ed Elisabetta Gnone è una di quelle autrici che ha questo potere, quello di rendere le parole dolci e confortanti come una cioccolata calda.
A distanza di quindici anni dalla pubblicazione del primo volume, l’autrice torna con una nuova avventura a Fairy Oak. Già solo leggendo il primo capitolo mi ha preso una profonda nostalgia. Il lettore incontra dopo tanto tempo Vaniglia e Pervinca, le magiche sorelle che sono andate avanti con la loro vita. Per un attimo si ha come la sensazione di guardare un album di ricordi, si ritorna a Fairy Oak, alle storie, all’avventura, alla magia e all’incontro di vecchie conoscenze.
Vaniglia e Pervinca si perdono nei loro ricordi e ci ritroviamo di nuovo tra i banchi di scuola, le sorelle scoprono della leggenda di una Balena e questo è solo l’inizio della loro avventura.
Prassi della Gnone è quella di non fermarsi mai solo alla semplice avventura, ma regala al lettore (che sia grande o piccolo) una storia che fa riflettere e che lascia messaggi importanti. Si parla di amicizia, di amore per gli animali, di coraggio e dell’importanza del ricordo. Nota di merito, secondo me, è che questo libro può essere letto anche da chi non conosce bene tutta la storia di Fairy Oak, infatti l’autrice ha realizzato delle piccole note a fine libro per permettere al lettore di orientarsi al meglio.
La storia inoltre è impreziosita da delle belle e delicate illustrazioni che rendono la storia fiabesca e delicata. Un romanzo da non perdere se si ha voglia di vivere un’avventura magica e profonda.
#Prodottofornitoda @Salani
“Da anni” ha dichiarato Julie Otsuka, “volevo raccontare la storia delle migliaia di giovani donne giapponesi – le cosiddette “spose in fotografia” che giunsero in America all’inizio del Novecento. Mi ero imbattuta in tantissime storie interessanti durante la mia ricerca e volevo raccontarle tutte. Capii che non mi occorreva una protagonista. Avrei raccontato la storia dal punto di vista di un ‘noi’ corale, di un intero gruppo di giovani spose”. Una voce forte, corale e ipnotica racconta dunque la vita straordinaria di queste donne, partite dal Giappone per andare in sposa agli immigrati giapponesi in America, a cominciare da quel primo, arduo viaggio collettivo attraverso l’oceano. È su quella nave affollata che le giovani, ignare e piene di speranza, si scambiano le fotografie dei mariti sconosciuti, immaginano insieme il futuro incerto in una terra straniera. A quei giorni pieni di trepidazione, seguirà l’arrivo a San Francisco, la prima notte di nozze, il lavoro sfibrante, la lotta per imparare una nuova lingua e capire una nuova cultura, l’esperienza del parto e della maternità, il devastante arrivo della guerra, con l’attacco di Pearl Harbour e la decisione di Franklin D. Roosevelt di considerare i cittadini americani di origine giapponese come potenziali nemici. Fin dalle prime righe, la voce collettiva inventata dall’autrice attira il lettore dentro un vortice di storie fatte di speranza, rimpianto, nostalgia, paura, dolore, fatica, orrore, incertezza, senza mai dargli tregua.
Questa è l’America, ci saremmo dette, non c’è nulla di cui preoccuparsi.
E ci saremmo sbagliate.
Un romanzo corale tutto al femminile.
Ho amato questo romanzo soprattutto per come è scritto. Ogni frase è una voce. Ogni capitolo è uno step della loro vita. Ogni virgola, ogni punto vibra di emozioni, speranze e dolori di queste donne che non hanno un volto, non vengono descritte, ma le loro voci si sentono chiare e nitide.
Sono chiamate “le spose in fotografia”, donne che partono dal Giappone per sposare gli immigrati giapponesi che vivono in America. Orientativamente la storia è ambientata intorno agli anni 40 del Novecento. Queste donne affrontano un viaggio estenuante, alcune arrivano alla meta, altre non accettano il loro destino e si suicidano in mare, altre ancora muoiono per gli stenti. Quelle che sopravvivono incontrano i loro mariti e affrontano la prima notte di nozze. C’è chi ne rimane delusa, chi umiliata, chi è un po’ più fortunata, chi vede il suo sogno d’amore infrangersi con la dura realtà. E poi arriva il lavoro sfiancante, la gravidanza, i figli, la guerra…
Venivamo tutte per mare è un piccolo volume di sole 140 pagine, non ci sono dialoghi, non aspettatevi colpi di scena o azione, ma un romanzo intimo, scorrevole e ipnotico. Una storia corale che vibra di emozioni.