Assistente cercasi: noto criminale di alto rango cerca un assistente leale per compiti d’ufficio non specificati e supporto per spargere caos, terrore e altre cose oscure. Richiesta discrezione. Ottima retribuzione. Con una famiglia da mantenere, avere un buon impiego è per Evie Sage una priorità. E così, quando un incidente con il più famigerato cattivo di Rennedawn si traduce in un’offerta di lavoro, lei accetta. Nessun incarico è perfetto, ovviamente, e lo è ancora meno quando hai una cotta per il tuo capo, un tipo terribile, lunatico ma innegabilmente sexy. Proprio quando si sta abituando ad assistere a scene raccapriccianti, come teste mozzate che pendono dal soffitto e bulbi oculari schiacciati sotto le scarpe, Evie sospetta che una minaccia stia aleggiando sul regno di Rennedawn. Qualcuno che vuole eliminare il Cattivo e il suo nefasto impero. E così Evie non solo deve cercare di resistere al fascino del suo capo, ma deve anche scoprire chi sta sabotando il suo lavoro… per assicurarsi di fargliela pagare.
Una storia che fin dalle prime pagine ti strappa più di un sorrido con scene umoristiche ed esilaranti.
Assistente cercasi è un fantasy di ambientazione medievale che va a prendere un po’ in giro il cliché della ragazza imbranata e sfortunata che si innamora del cattivo della storia. L’autrice ironizza su questo concetto all’inizio con scene divertenti, ma che ti fanno anche palpitare il cuore, per poi far prendere un proprio corso alla storia verso la fine del libro lasciandoti con un finale aperto (dato che è il primo volume di una trilogia).
Punto di forza del romanzo sono proprio i due protagonisti. Evie è una ragazza dal carattere allegro e vivace, eppure dietro questo atteggiamento positivo e radioso ha un passato e una situazione familiare non facile. Il Cattivo è un personaggio burbero, austero, facilmente irascibile, eppure quando Evie entra nella sua vita capisce che non può fare a meno della sua compagnia.
Una storia piena di momenti di tensione romantica tra i due e scene divertenti. Un romanzo che si legge velocemente con colpi di scena finali e una buona introspezione dei personaggi. Unica “pecca” è che l’autrice non si sofferma molto sulla descrizione del sistema magico, si parla di persone che a un cerco punto risvegliano dei poteri, ma non ci dà qualche spiegazione in più a riguardo e questo mi è un po’ mancato.
A parte questo, è un libro che mi ha completamente conquistata e non vedo l’ora di leggere il seguito!
Tollak è un uomo pieno di contraddizioni: testardo e sensibile, rude e orgoglioso. Un uomo impossibile, a detta di molti. Ormai vecchio e solo, barricato nella sua fattoria, non fa che imprecare contro il mondo che da tempo, per lui, ha smesso di avere senso. L’unica persona che lo teneva attaccato alla vita era lei: sua moglie Ingeborg, amatissima, scomparsa da qualche anno. “Tollak di Ingeborg”, lo chiamava la gente del paese. I suoi due figli, ora adulti, hanno abbandonato la valle, teatro di un’infanzia difficile; oggi vivono in città e passano a trovarlo di rado. Soltanto Oddo è rimasto con lui: “Oddoloscemo”, per i vicini, lo zimbello di tutti, un ragazzo problematico di cui si prende cura da quando, ancora bambino, è stato abbandonato dalla madre. La vita di Tollak, soprattutto negli ultimi anni, è stata avvolta nel silenzio: troppo difficile dare voce alla rabbia che gli brucia dentro. Ma ora è giunto il momento di parlare, di raccontare finalmente la sua verità. Così, l’uomo insiste affinché sua figlia e suo figlio tornino a casa ancora una volta, forse l’ultima. Prima che sia troppo tardi ha bisogno di condividere il suo segreto. O meglio, i suoi segreti: le verità che Tollak ha sempre tenuto per sé sono molte, e sono una più sconvolgente dell’altra.
Premiato come miglior libro dell’anno dai librai norvegesi, bestseller letterario trascinato da una scrittura sferzante, teso come un thriller e commovente come una storia d’amore, La mia Ingeborg è l’intenso racconto di una famiglia che, capeggiata da un uomo distruttivo, va in pezzi.
Sotto questo aspetto avrei potuto andare incontro a Ingeborg. Avrei potuto mostrarmi più elastico. Avrei potuto darle quello che desiderava così tanto – Un po’ più di vita intorno a me, Tollak – invece non l’ho fatto. Non riesco ad avere troppa gente intorno. Con il passare degli anni lo aveva capito poco alla volta e alla fine avevamo trovato il nostro modo quieto e silenzioso di vivere, il mio.
Credo che questa citazioni riassumi perfettamente La mia Ingeborg di Renberg.
Il lettore segue i pensieri tra presente e passato di Tollak, un uomo taciturno, burbero, chiuso nelle sue convinzioni che non ama la gente, tranne la sua adorata Ingeborg. Tollak racconta al lettore della sua storia d’amore, della passione e dell’intesa che aveva con sua moglie, parla dei suoi figli e del problematico Oddo.
La vita di Tollak non è perfetta, ma è equilibrata, fatta anche di alti e bassi, eppure, mano mano che il lettore va avanti nella storia è come se spiasse i retroscena di quella vita familiare dallo spioncino di una porta (o almeno questa è la sensazione che mi ha trasmesso la scrittura).
E’ un libro che parla di amore, ma non nel senso più puro del termine, di ossessione, di rabbia, di non comunicazione in famiglia, di tradimenti, di bugie, di violenza, di cose non dette che ritornano prepotenti a tormentare perché la ruota gira sempre nella vita e vuoi o non vuoi ti tocca fare i conti con quello che hai seminato.
La mia Ingeborg è un romanzo breve, che trascina il lettore in un turbino di emozioni, in situazioni non etiche, in scelte non giuste, eppure coinvolge in modo naturale, tenendoti incollato alle pagine. Non mi espongo oltre per non fare spoiler, ma se il genere vi piace, dato una possibilità a questa lettura!
Kel prelevato dalla Casa degli Orfani di Aigon quando era poco più che un bambino per diventare la controfigura dell’erede al trono, il suo scudo umano. Cresciuto accanto al principe Conor quasi come un fratello, viene addestrato fin dal primo giorno a morire al suo posto, prima o poi. Nessun altro futuro è possibile per lui.
Lin Caster è una guaritrice appartenente alla piccola comunità Ashkar che, nel regno, è l’unica ancora in grado di esercitare la magia e che, per questo motivo, è stata confinata nel Sault, un’area recintata di Castellane da cui nessuno è autorizzato a uscire. Alla ragazza, però, capita spesso di disattendere il divieto, perché altrimenti non potrebbe curare i malati e i moribondi della città.
Quando i due giovani si incontrano in seguito a un attentato, i loro destini si intrecciano indissolubilmente. Una misteriosa figura che governa il mondo sotterraneo e criminale della città li trascinerà in una realtà fatta di intrighi e ombre dove scopriranno quanto la corruzione si estenda dai bassifondi più oscuri di Castellane fino alla torre più alta dei suoi palazzi. Perché se c’è una cosa che, qui, accomuna i nobili più ricchi e i criminali più dissoluti è la loro insaziabile brama di ricchezza e potere.
Posti di fronte allo svelamento di segreti a lungo custoditi, Kel e Lin saranno costretti a chiedersi se la conoscenza valga il prezzo del tradimento e, soprattutto, il rischio che la loro nazione finisca in guerra e il mondo nel caos…
Io sono lo Scudo del Principe. Sono la sua armatura indistruttibile. Sanguino perché lui possa non sanguinare. Soffro perché lui non debba soffrire. Muoio perché lui possa vivere per sempre.
Lo scudo del principe è il primo libro di una serie fantasy che si sofferma sulle dinamiche politiche dei regni e sulla caratterizzazione dei personaggi principali, solo verso la fine del libro iniziano a mescolarsi le carte, lasciando il lettore con il fiato sospeso.
La storia tratta di Kel, un orfano che avrà il ruolo di scudo del principe, ovvero non gli farà solo da guardia del corpo personale, ma lo sostituirà anche negli eventi pubblici considerati “pericolosi”. Kel fin da bambino cresce insieme al principe Conor e vivono in simbiosi per anni, fino al raggiungimento della maggiore età. Le cose si complicano quando aumentano gli attentati alla corona e proprio in questo frangente entra in scena Lin, una guaritrice appartenente alla piccola comunità Ashkar che è in grado di esercitare la magia.
Premetto che non ho mai letto nulla di Cassandra Clare, quindi non sapevo cosa aspettarmi da questa lettura e devo dire che sono rimasta piacevolmente colpita. Parliamo del primo volume di una serie, quindi qui l’autrice mette le basi di questo universo fantastico e si sofferma sul delineare i tre personaggi principali che ho apprezzato molto perché in poche pagine è riuscita anche a sollevare alcune fragilità che appartengono a ognuno di loro.
Conor è un principe viziato, sbruffone e dedito al divertimento, eppure quando incontra Lin scopre per la prima volta una persona fedele a se stessa, che non si fa intimorire dalla corona.
Kel è un orfano che prende seriamente il suo ruolo di scudo e spesso è diviso tra i dovere che gli impone il suo ruolo e all’amicizia fraterna che lo lega a Conor.
Lin è una figura femminile che ho apprezzato molto, amante della conoscenza e della medicina, studia andando contro i paletti che ha la società in cui vive, credo che riserverà un po’ di sorprese nel secondo volume.
Insomma una storia fantasy che ho trovato ben costruita. Sono super curiosa di andare avanti con la storia 🙂
Mentre l’Imperatore Celeste tenta di rafforzare il suo potere, un terrore indicibile si diffonde nel regno, minacciando la fragile pace che Xingyin ha costruito a così caro prezzo quando ha liberato sua madre. Costretta a fuggire da casa sua, la ragazza si avventura tra le terre inesplorate del Regno Immortale in cerca d’aiuto. Ma le alleanze mutano più veloci delle maree, e Xingyin deve lottare contro rancori e nemici del passato per aprirsi una nuova via, trovando sostegno dove non avrebbe mai immaginato. Più di tutto, deve scoprire la verità nascosta nel suo cuore e farsi strada attraverso la devastazione, per ribellarsi contro il male prima che distrugga tutto ciò che le è caro e i mondi che ha imparato ad amare… anche se farlo richiede il prezzo più alto di tutti. Il seguito di “La figlia della Dea della Luna” arriva al cuore dell’amatissimo mito cinese, portando a conclusione l’epopea di Xingyin, figlia della dea Chang’e e del mortale Houyi, impegnata a combattere una nuova minaccia al suo regno, in questo potente racconto che parla d’amore, sacrificio e speranza.
Tutti conoscevano il racconto di come mio padre avesse abbattuto i soli, di come mia madre fosse volata sulla luna… ma, talvolta, in quelle leggende non era importante il come, bensì il perché. Alcuni possono pensare che l’amore ci renda più deboli, ma esso ci dà una forza che non sappiamo nemmeno di possedere. Non sarei più scappata, non avrei più dubitato. Sarei uscita dalle ombre del mio passato e avrei rivolto il viso verso ciò che mi attendeva.
La perfetta conclusione di una dilogia fantasy orientale!
Nel capitolo conclusivo di questa serie, Xingyin si troverà ad affrontare tante avversità partendo dall’ostilità che ha il Regno Celeste nei suoi confronti, ai rimorsi che prova per essersi fidata di persone “sbagliate”, alla relazione in bilico con il suo principe e, per ultimo, scoprirà qualcosa in più su suo padre Houyi.
La leggenda di Chang’e continua, svelando altri misteri del mito e approfondendo personaggi che sono rimasti un po’ in disparte nel primo volume. Non mancheranno colpi di scena finali, evoluzioni delle relazioni e per i romantici continua a esserci il triangolo amoroso anche se questo secondo volume si concentra prevalentemente sulla dinamica politica tra gli immortali. Per quanto riguarda i personaggi in questo secondo capitolo non ho tanto apprezzato Xingyin che ho trovato un po’ troppo “statica” per alcune situazioni (che non rivelo per non fare spoiler) e proprio questo suo atteggiamento tende a far perdere un po’ di mordente alla trama.
Ben strutturati i personaggi secondari, anche se avrei preferito una maggiore introspezione, soprattutto per il mio personaggio preferito Wenzhi. Nel complesso, anche se ho preferito più il primo volume, ho apprezzato questa dilogia. Sicuramente se siete amanti dei c-drama lo adorerete!
«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia». Nel candore dello sguardo di Elba il manicomio diventa un luogo buffo e terribile, come la vita, che Viola Ardone sa narrare nella sua ferocia e bellezza. Dopo “Il treno dei bambini” e “Oliva Denaro”, “Grande meraviglia” completa un’ideale trilogia del Novecento. In questo romanzo di formazione, il legame di una ragazzina con l’uomo che decide di liberarla rivela il bisogno tutto umano di essere riconosciuti dall’altro, per sentire di esistere. Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo “Diario dei malanni di mente”, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità. Con la sua scrittura intensa, originale, piena di musica, Viola Ardone racconta che l’amore degli altri non dipende mai solo da noi. È questo il suo mistero, ma anche il suo prodigio.
Oggi sono qui a parlarvi dell’ultimo libro di Viola Ardone “Grande Meraviglia”.
Questo è quel caso in cui un libro mi è piaciuto così tanto da non riuscire a trovare le parole adatte per parlarne, ma cercherò attraverso questo post di trasmettervi tutte le sensazioni che ho provato leggendo questa storia.
Con uno stile delicato e intimo, Viola Ardone racconta non solo della legge Basaglia, della chiusura dei Manicomi, di come il più delle volte venivano rinchiuse non solo persone sane che erano considerate “scomode” (vuoi per ruolo sociale, vuoi per comportamenti fuori dal comune ecc.), ma tratta anche delle atroci pratiche mediche per “curare” i disagi e le patologie dei pazienti, il più delle volte resi pazzi proprio per questi metodi.
Detta così il registro del libro potrebbe risultare pesante, angosciante, claustrofobico, eppure con abile maestria l’autrice riesce a trattare questo tema così delicato in modo leggero, ma senza sminuirlo, introducendo la figura stramba e divertente del Dottore Fausto Meraviglia, amico dei gatti e dei pazzi!
Così il lettore conosce la storia di Elba e di Meraviglia, si parla di varie relazioni: quella con la famiglia, con gli amici, con i colleghi di lavoro, e soprattutto si affronta la relazione più complicata che possiamo avere, quella con noi stessi.
La prima parte del romanzo aggancia il lettore attraverso gli occhi di Elba, la quale racconta del mezzomondo e di tutti i suoi abitanti più o meno strambi, dalla seconda parte c’è il punto di vista di Fausto Meraviglia, un personaggio irriverente, stacanovista e con una visione della vita tutta sua.
Se avete voglia di leggere un libro che vi prenda dalla prima pagina in poi e che vi trascini in un turbinio di riflessioni e di situazioni che vi faranno spuntare il sorriso nonostante la tematica, vi consiglio assolutamente di immergervi nella lettura 🙂
È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo – lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie – in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l’una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro – in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto – senza un brivido di turbamento.
Avete voglia di un libro fuori di testa, ma che vi prende pagina dopo pagina?
Allora I baffi di Carrère è la storia perfetta.
Tutto parte dal protagonista (di cui non si saprà mai il nome) che un giorno, un po’ per scherzo, un po’ per uscire dalla routine della sua vita perfetta composta da una moglie amorevole, amici e un lavoro, decide di tagliarsi i baffi.
Che sia una metafora? Un gioco? Un gesto ancora più complesso? Questo lo decide il lettore, fatto rimane che dopo questa azione nessuno delle persone a lui vicine nota il cambiamento perché per loro lui non ha mai avuto i baffi. Da qui è un crescendo di situazioni assurde, deliranti, che mano, mano degenerano mettendo in dubbio chi sia il pazzo, o i pazzi. Forse è tutto un sogno? Forse un’illusione? E’ la vita reale?
Insomma di sicuro c’è una base pirandelliana sul concetto dell’identità, eppure la bellezza di questa storia è che oltre a prendere e trascinare in un turbinio di pazzia, pagina dopo pagina, lascia grande interpretazione al lettore sulla chiave di lettura di questa storia.
Quindi se avete voglia di un libro del genere, leggetelo! Io personalmente l’ho già regalato a due persone e lo regalerò anche a natale XD
Sorha è riuscita a rompere l’incantesimo che imprigionava i suoi fratelli nei corpi di cigni e, con il suo amore, ha sconfitto generazioni di odio e unito due culture. Grazie al suo coraggio e al suo sacrificio, la pace e la gioia sono tornate a Sevenwaters. Ma dopo anni di relativa tranquillità, nuove ombre vanno addensandosi sull’Irlanda del Nord e sui figli di Sorha: la primogenita Niamh deve piegarsi a un matrimonio di convenienza e, mentre il giovane Sean si appresta a ereditare il titolo, spetterà alla sua gemella Liadan – che ha preso dalla madre il dono della Vista e le doti di guaritrice – compiere il destino della famiglia di Sevenwaters. Per farlo dovrà intraprendere un viaggio alla scoperta di un mondo che sa essere tanto meraviglioso quanto oscuro e crudele. Un’esperienza che la cambierà per sempre, insegnandole a quale prezzo è stata conquistata la serenità che ha sempre conosciuto. Tra insidie e dilemmi, Liadan avrà bisogno di tutta la sua forza per fronteggiare proprio coloro che ama di più. Perché la sua ricerca del vero amore potrebbe essere per tutti loro una condanna… o la salvezza.
Una scrittura poetica e fiabesca, con una trama avvincente e piena di colpi di scena!
Ormai per me è chiaro! La serie Sevenwaters è entrata nel mio cuore. Adoro la scrittura dell’autrice e la sua bravura nella caratterizzazione dei personaggi, ma andiamo per gradi!
Nel libro La figlia della foresta il lettore segue la storia di Sorha, ripercorrendo la fiaba dei Sei cigni. In questo secondo volume la protagonista è sua figlia Liadan, forte come la madre, e intelligente e pacata come il padre Red. Liadan forse è la chiave per impedire l’arrivo del male, la degna erede di Sevenwaters eppure il suo cammino cambierà quando incontrerà l’Uomo Dipinto, un essere crudele e spietato.
L’autrice ha creato dei personaggi che entrano nel cuore del lettore, caratterizzandoli in modo magistrale. Liadan, una ragazza silenziosa, che ha molte cose in comune con la madre, ma che si dimostrerà anche più grintosa e determinate nel raggiungere i suoi obiettivi. La storia d’amore in questo volume è più passionale, rispetto alla storia tra Sorha e Red che invece è più fiabesca e romantica, ma non certo meno intensa. Il gemello di Liadan è molto simile allo zio Liam e poi c’è la sorella maggiore, la bella e frivola Niamh.
Le vicende si susseguono in modo incalzante tra intrighi politici e tradimenti, il lettore incontrerà personaggi che ha lasciato nel primo volume e dovrà dire addio ad altri (quindi preparate i fazzoletti!).
Insomma non ci sono parole per descrivere la bellezza di questa serie. Ogni volta è un viaggio di emozioni tra tristezza, rabbia e gioia. Questa è la magia di Sevenwaters, la magia di sentirsi parte di una storia.
Khai Diep non ha sentimenti. Si irrita quando le persone lo costringono a modificare la sua routine ed è contento se i conti sui registri quadrano al centesimo, ma non conosce emozioni comuni come il dolore o l’amore. La sua famiglia sa che il suo autismo lo porta a gestire l’emotività in modo diverso; tuttavia, davanti all’ennesimo muro che Khai erige, la madre prende in mano la situazione e torna in Vietnam per trovargli la sposa perfetta. Ho Chi Minh City. Esme Tran, una ragazza di razza mista, si è sempre sentita fuori posto e quando si presenta l’opportunità di andare in America a incontrare un potenziale marito, non si lascia scappare l’occasione di poter inseguire il suo personale Sogno americano. Sedurre Khai, però, non è così semplice. Le lezioni d’amore da lei impartite sembrano funzionare solo su sé stessa: cosa difficile da credere ma è irrimediabilmente affascinata da un uomo convinto di non essere in grado di provare amore per nessuno. Ma Khai sarà costretto a capire che, forse, alcune delle sue previsioni risultano avere un margine d’errore e che c’è più di un modo d’amare, basta crederci fino in fondo.
Una sposa in prova è il secondo volume di una trilogia scritta da Hoang, ma ogni volume è autoconclusivo, quindi è possibile leggerli separatamente.
Parto con il dire che mi sono avvicina a questa serie per curiosità, uscendo fuori dalla mia comfort zone di lettura. Ho letto il primo volume “The Kiss Quotient”, attirata dal fatto che la protagonista ha la sindrome di Asperger, ma la storia e la dinamica della coppia non mi hanno convinta, anzi, ho provato antipatia per i personaggi. Ho deciso poi di leggere anche il secondo volume perché il protagonista (che ha la stessa sindrome) compare nel primo volume e mi aveva incuriosito.
Ebbene, a differenza di The Kiss Quotient, Una sposa in prova l’ho trovata una lettura più delicata, tenera e ho apprezzato l’evoluzione della coppia.
Il protagonista è Khai, un ventisettenne che ha questa forma di autismo che non gli permette di essere empatico con chi lo circonda, tende a isolarsi, ad avere una sua rigida routine che per nulla al mondo vuole interrompere. La madre lo costringe a passare del tempo con Esme, una ragazza madre che fa un lavoro umile per provvedere a sua figlia, ma cercherà di migliorare la sua situazione conquistando Khai.
Ho apprezzato molto il doppio punto di vista. E’ stato interessante guardare il mondo attraverso gli occhi del serioso Khai e ho empatizzato molto con la tenera e sfortunata Esme. La storia scorre in modo delicato, con momenti simpatici, intimi e spesso imbarazzati tra la coppia protagonista. Entrambi i personaggi fanno un percorso di crescita, soprattutto Khai, il quale piano piano inizia ad aprirsi e a farsi conoscere.
In questo percorso Khai trova sempre il sostegno di suo fratello maggiore Quan, il quale lo aiuterà a capire i suoi reali sentimenti e a fare chiarezza su un trauma passato. Mi è piaciuta molto Esme perché anche se prova un forte sentimento per Khai non perde di vista la sua priorità, ovvero trovare una via per migliorare la vita sua e quella di sua figlia, soprattutto nel momento in cui capisce che potrebbe realizzarsi.
Si tratta di un romanzo rosa, ci sono dei cliché tipici e ho trovato forse troppo veloci alcuni tempi, ma nel complesso è stata una lettura che mi ha intrattenuto.
Insomma, il secondo tentativo di libro fuori dalla comfort zone di lettura è andato a buon fine. Se avete voglia di una storia leggera, romantica, che però sia anche un po’ articolata sia per la questione sentimentale che per la trama, vi consiglio questo libro.