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Intervista a Elena G. Santoro

Presentati.
Ciao Stefania e grazie innanzitutto di avermi ospitato nel tuo bellissimo blog. Elena Genero Santoro è innanzitutto una mamma che lavora e che si barcamena tra mille impegni, tra figli, vita in ufficio e viaggi, principalmente di lavoro. Ma è anche una persona che nonostante tutto il da fare non vuole perdere se stessa e ha bisogno di alcuni spazi per ritrovarsi. Quindi per stare bene Elena ha bisogno di una passeggiata nel verde con i suoi bambini, di una buona lettura e di scrivere qualche bel paragrafo. Se riesce a realizzare ciò, torna in equilibrio con tutto il creato e il resto passa in secondo piano.
Come è nata la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura non è “nata”, c’è sempre stata. Scrivevo già dei racconti, che all’epoca chiamavo romanzi, ma non sono così lunghi, alle scuole medie e durante il liceo. Quando volevo starmene in pace con me stessa mi compravo un taccuino e ci davo dentro – tutto a mano, sto parlando di venticinque anni fa. Poi è iniziata l’università, in seguito l’attività lavorativa e ho avuto meno tempo (e meno voglia) per coltivare le mie fantasie. Ma nonostante ciò ho sempre scritto, ho sempre tenuto lunghi rapporti epistolari con amici in ogni parte del mondo, a un certo punto ho aperto un blog e alla fine, in un periodo delicato della mia vita, durante una gravidanza a rischio, per distrarmi mi sono rituffata nella stesura di un romanzo: da allora non ho più smesso. Quando di recente ho ripreso in mano i miei taccuini e ho riletto alcuni stralci, mi sono resa conto che, anche se erano passati vent’anni, quella che scriveva, in fondo, era sempre la stessa persona, solo un po’ cresciuta. Allora ho capito che in realtà il filo non si era mai spezzato, che il mio primo amore non se n’era mai andato, ma che aveva semplicemente aspettato a lungo e pazientemente che io tornassi. E ho realizzato anche che io sono nata per scrivere, non nel senso che necessariamente lo so fare bene, (saranno gli altri a giudicarmi), ma nel senso che la scrittura è il mio modo più congeniale per comunicare e per dare un senso ai miei ragionamenti.

Qual è il tuo stile?
Non so se quello che definisco il mio stile abbia un nome, ma di solito descrivo quello che mi circonda e anche la più parte delle location in cui ambiento le mie storie sono reali. I miei personaggi vengono spesso definiti “della porta accanto” perché ricalcano le persone con cui tutti noi possiamo trovarci ad avere a che fare. Per cui di solito i miei romanzi sono dei mainstream, nei quali però non manca mai un certo filone sentimentale, qualcuno che si innamora, qualcuno che vive i suoi drammi personali. Peraltro l’approfondimento psicologico per me è prioritario.  Ma poi nel finale tendo al sogno (altrimenti non scriverei romanzi, ma cronaca) . Con la scrittura tento infatti di dare un senso alle cose, ma anche di fare accadere quanto di positivo nella realtà non avviene.

Il genere letterario che preferisci di più?
Spazio abbastanza. Alterno periodi in cui ho bisogno di leggerezza chick-lit ad altri più impegnati, in cui mi delizio con i grandi autori, per lo più contemporanei. Ultimamente però sto dando grande spazio ai colleghi emergenti e ho scoperto un mondo nuovo. Molte persone amano scrivere e sono brave. Magari il risultato non è perfetto perché dietro al romanzo non c’è la mano sicura di un editor che ha eliminato qualche ingenuità o che ha fatto approfondire qualche paragrafo troppo veloce, ma sicuramente il prodotto è più genuino e spesso interessante. Essendo attualmente legata a due case editrici non a pagamento (0111 Edizioni e Lettere Animate) ho conosciuto e avuto modo di confrontarmi con diversi colleghi, appartenenti a una o all’altra se non a entrambe le scuderie. Nessuno (o quasi) finora mi ha mai delusa.
Quale genere letterario non ti piace?
Partiamo dal presupposto che se un libro è ben scritto, si fa leggere bene, di qualunque cosa parli. C’era un mio insegnante d’italiano, al liceo, che affermava: “Non importa cosa racconti, ma come lo racconti. Per il resto puoi scrivere di qualunque cosa”. Sotto un  certo punto di vista gli do ragione. A ben pensarci, al cinema non farebbero i remake dei vecchi film se non pensassero di poter raccontare una storia già nota in un modo migliore (con più effetti speciali, con un taglio più moderno, e quant’altro). Anche le fiabe già conosciute e arcinote si possono rivisitare in modi più ricchi e articolati, aggiungendo dettagli, particolari, digressioni. Mi viene in mente la Disney che ha appena rifatto il film di Cenerentola. Ce n’era bisogno? Evidentemente sì, se pensavano di guadagnarci sopra. Per cui mi fanno veramente ridere quelli che con l’intento di stroncare un libro scrivono: il finale è scontato. Non tutti i libri si leggono per sapere come va a finire (beh, alcuni sì, però), ma per farci cullare dal suono di certe parole, per sognare con certe immagini. Che dire dei romanzi rosa? Non lo vogliamo un bel finale rassicurante? Non cerchiamo il “vissero felici e contenti”? (Nella più parte dei casi, per lo meno). È inutile lamentarsi di un epilogo non sorprendente, la storia è sempre quella, ma può essere raccontata con mille varianti che possono piacere o meno. Quindi, per rispondere finalmente alla tua domanda, non c’è un genere che disdegno a priori, se lo stile con cui è condotto m’incanta.

Come nascono le tue storie?
Nascono quando ho voglia di evadere, di sognare, di immedesimarmi in una bella storia d’amore. Ma nascono anche quando comincio a guardarmi intorno e quando sento di certi fatti realmente accaduti o vengo a sapere cose che mi fanno arrabbiare. Allora comincio a rimuginarci su e se sono proprio su di giri, inizio a scrivere, a fare un po’ di denuncia sociale, quando è il caso. Nel mio primo romanzo “Perché ne sono innamorata”, parlo di amore a vent’anni, quindi la vena sentimentale è parecchio sentita, ma anche di violenza contro le donne e di rapporti malati. Oppure, nel sequel del libro appena citato, che si intitola “L’occasione di una vita”, pubblicato con Lettere Animate, racconto il dramma di un aborto spontaneo e la conseguente rottura di una relazione. Nello stesso romanzo però prendo anche in giro la televisione spazzatura, che lucra sulle disgrazie dei poveretti: quella proprio non la sopporto.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Caspita, sì! Nel periodo in cui scrivo qualcosa di nuovo non faccio che chiedermi: cosa può provare una donna che nasce nel corpo di un uomo? Cosa può provare un condannato a morte, a pochi giorni dall’esecuzione? Il gioco è quello di immedesimarsi, di vivere per giorni e giorni con l’idea di essere io la persona incasinata in una certa situazione. Credo che sia un po’ quello che fanno gli attori quando devono recitare i loro ruoli: cambiano testa ed entrano nella pelle di qualcun altro. Ed è così che si sviluppa il romanzo. Peraltro il transessuale e il condannato a morte non sono due personaggi che ho citato per caso, ma sono due dei protagonisti del mio libro “Un errore di gioventù”, in cui parlo proprio di un ex transessuale e, soprattutto, della pena di morte negli Stati Uniti. Questo romanzo nasce da un’esperienza epistolare di otto anni con un condannato che è stato ucciso con iniezione letale nel febbraio 2010 e che mi ha segnata molto. Ciò di cui io scrivo non è reale, ma nasce sulla falsariga di quella vicenda. Vorrei, per quanto possibile, che la gente sapesse cosa realmente è la pena di morte. Troppo spesso leggo sui social network commenti viscerali in cui le persone invocano provvedimenti severi come la condanna capitale per cose decisamente irrilevanti, senza dare un giusto peso alle cose. Ogni volta che ciò accade io sto male. Da qui il mio romanzo, per comporre il quale, ovviamente, ho dovuto unire il sentimento e l’immedesimazione a una rigorosa documentazione.
Come è nata la tua ultima opera?
La mia ultima opera si intitola “Gli Angeli del Bar di Fronte” ed è incentrato sull’immigrazione. Parla di un clan di rumeni trapiantati a Torino, ma anche della “fuga dei cervelli” laureati all’estero. L’idea è nata perché conosco molti rumeni e osservo le loro difficoltà qui da noi, ma allo stesso tempo lavoro con persone di altre nazioni e so come all’estero sono considerati gli italiani. Così ho dato vita a una storia a due voci, le cui protagoniste sono un’italiana, Chiara, e una rumena, Paula, che si destreggiano tra le mille difficoltà di chi qui in Italia è senza lavoro e di chi fugge da una realtà ancora peggiore sperando di trovare il Bengodi. Entrambe le protagoniste si trovano ad avere a che fare con un gruppo di ragazzi rumeni dall’aria non molto affidabile di cui uno, Vic, è particolarmente affascinante e ambiguo. Chi è realmente Vic si capisce verso la fine; il finale è col botto. Nel libro non ci sono buoni o cattivi da una parte sola e ho cercato di essere il più equa e più obiettiva possibile, per portare avanti le ragioni di tutti.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Lavoro sempre a qualcosa ma per scaramanzia non ne parlo mai! Inizio a farlo ad opera conclusa.

Il tuo sogno?

Potrei dirti “pubblicare con una grande CE” o “vendere un botto di copie”, o “essere osannata come una grandissima scrittrice e non ricevere più brutte recensioni”, ma non è questo. Per carità, a chi non piacerebbe tutto ciò?, ma i miei sogni più importanti riguardano la mia sfera privata e non li svelerò per paura che non si avverino.

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Intervista a Monica Gatto

Presentati.Il mio vero nome è Monica, ho scelto di firmarmi Momi perché è il nomignolo che mi ha affibbiato mio fratello, mi chiamano tutti così. Dalla passione tutta adolescenziale di creare storie a fumetti mi sono ritrovata, quasi per caso, nella stesura del mio primo romanzo. Non ho nessuna ambizione nel definirmi scrittrice, ma sapere che qualcun altro oltre me ama ciò che scrivo e’ uno stimolo per continuare questa avventura. 
<Non sempre serve sorprendere chi legge con colpi di scena fantasiosi. Da un libro io voglio sentirmi coinvolta, voglio sorridere, voglio aggrottare la fronte e voglio affezionarmi ai protagonisti, e tutto questo può succedere solo se la loro storia può essere anche la mia>
Come è nata la passione per la scrittura?
Ho iniziato a scrivere questa storia che mi ronzava in testa da un bel po’ quando ho capito che correvo il rischio di dimenticarmela. Ho scoperto il gusto di poter rileggere, modificare e ampliare senza limiti ciò che creavo. Da poco più di cento pagine sono diventate cinquecento, è come una droga, se inizi a scrivere non ti fermi più. 

Qual è il tuo stile?
Me lo dico da sola che tendo ad essere prolissa, per questo ho adottato uno stile scorrevole, semplice, ironico e confidenziale. Credo sia stata una scelta facile, gli scrittori veri scrivono meglio, ma il risultato mi soddisfa. È lo stile che preferisco nei libri che leggo, mi tiene incollata alle pagine.
Il genere letterario che preferisci di più?
Sono un’amante della lettura in generale, in quanto tale ho attraversato varie preferenze e, quando mi assesto su un genere, mi concentro su quello. Il mio primo amore sono stati gli horror del re S. King, poi ho transitato per i classici fino ad assestarmi sui fantasy, che mi piacciono moltissimo. Negli ultimi anni sono approdata ai romanzi rosa e new adult…  Non credo li abbandonerò molto presto.
Quale genere letterario non ti piace? 
Non so, non vado matta per i thriller… Ma non è neanche vero.

Come nascono le tue storie?
Dal desiderio di creare da me i personaggi dei quali innamorarmi, dalla smania di mettere su carta una storia tutta mia che non mi stufo mai di rileggere. Traggo ispirazione dai libri, dalla mia vita, da quella degli amici… Da tutto cio’ che mi provoca un’emozione.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Tantissimo. La gran parte delle paranoie e dei difetti di Giulia sono quelli che avevo io alla sua età… Spero anche i pregi. Davide lo adoro, inconsciamente credo di aver creato quella persona che desidero diverrà mio figlio, ora adolescente… In buona parte ci somiglia già, a partire dal nome, dagli hobby, e dal fatto di essere bellissimo!

Come è nata la tua ultima opera?
La storia del mio primo, e per ora unico romanzo, è nata da un sogno di forse dieci secondi, due ragazzi che bisticciavano e si amavano senza trovare il coraggio di ammetterlo. Ci ho ricamato sopra, ho costruito una storia condendola con le paranoie che, in quanto femmina, conosco benissimo. Il risultato è un romanzo adatto a tutte le età, alle donne mature che vogliono rivivere i primi batticuori, alle giovanissime che li stanno vivendo, e ai ragazzi che li provocano.
Stai lavorando a qualche altro libro?
Si, parecchi tutti insieme… ho detto che è una droga. Spero di terminate a breve il seguito di Solo una storia d’amore, a cui poi seguirà un terzo capitolo. Sarà la trilogia delle paturnie, più un volume tutto in pov Davide. Lasciare andare i miei due ragazzi è difficile, ma ho in cantiere anche una storia diversa con altri protagonisti, equivoci e battibecchi saranno sempre alla base di questo nuovo amore.

Il tuo sogno?
Ovviamente, visto che ormai mi sono buttata in questa avventura, mi piacerebbe tantissimo vedere i miei libri sugli scaffali delle librerie. Col self pulishing è impossibile, vedremo… Per ora sto ricevendo già molte più soddisfazioni di quanto mi aspettassi, quindi sono contenta così. 


-Contatti
Email autrice: momigatto1@gmail.com

Intervista a Gabriella Grieco

Presentati.
Dicono di me che io sia poco socievole. Non so, forse è vero, o forse sono socievole solo con chi mi piace. Chi mi piace? Chi non si prende troppo sul serio e sa ridere di se stesso, chi ama come me la compagnia degli animali e le passeggiate in montagna, chi non si sente sempre in competizione con tutto il mondo.
Non mi piace invece chi parla tanto per parlare, chi mi tiene per ore al telefono, chi si sente superiore agli altri.
Come è nata la passione per la scrittura?
Non “come” è nata, ma “quando” è nata: insieme a me. Non c’è momento della mia vita in cui io non abbia scritto o raccontato storie. Sempre.
Qual è il tuo stile?
Negli ultimi anni il mio stile si è fatto più asciutto e cattivo, tanto che a volte mio marito mi guarda sconcertato e mi chiede “Ma chi ho sposato?”
Il genere letterario che preferisci di più?
Lo stesso di cui scrivo: il GTN o, per i non addetti ai lavori, il Giallo/Thriller/Noir.
Quale genere letterario non ti piace?
Io sono una lettrice eclettica, ma se c’è un genere che mi annoia a morte è l’erotico/rosa. Sarà che ho la sensibilità amorosa di un bradipo…
Come nascono le tue storie?
Puff! Me le ritrovo in mente! Ho dei meandri cerebrali molto affollati.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
C’è sempre qualcosa di mio in ciascuno di loro, ma il personaggio che ho amato di più e che mi ha procurato un vero dolore lasciar andar via è stata Isabella, la protagonista del mio thriller “La morte è un’opzione accettabile”.

Come è nata la tua ultima opera?
 Tutta colpa di un ragnetto che stava scendendo con assoluta noncuranza e disinvoltura dal soffitto della cucina nel mio piatto…
Stai lavorando a qualche altro libro?
Uno solo? In questo momento sto terminando di revisionare “L’inferno è buio e freddo” col quale ho vinto il concorso “Holmes Awards” per gli inediti prima di presentarlo per la pubblicazione, sto scrivendo “Sangue due volte rosso” che inizia con un bell’omicidio la notte di Natale, e sono anche impegnata con due racconti per due diversi concorsi…
Il tuo sogno?
Oh be’, diventare ricca, famosa, e comprarmi un castello accanto a quello della Rowlings!

Contatti:

Intervista a Diego Aledda

Chi è Diego Aledda?
Mi presento; mi chiamo Diego Aledda, ho 31 anni e vivo a Novara.
Come è nata la passione per la scrittura?
 Ho la passione per la scrittura da quando sono piccolo; ho sempre amato scrivere storie a fumetti o racconti, anche se poi l’interesse, negli anni, è sfociato nella stesura di testi di canzoni. Per qualche anno ho studiato musica,  nel tentativo di conciliare canto e scrittura, ma ho accantonato l’idea perché non m ritenevo soddisfatto delle mie abilità canore!
Per curiosità ho provato a dirottare sui romanzi, ritenendoli più adatti al mio modo di scrivere. È così che è nato ‘Statuto’, il mio primo lavoro!
La passione per la scrittura credo sia una di quelle cose che mi porterò dentro per l’eternità, perché mi fa sognare e mi permette di indirizzare una storia proprio dove voglio che si diriga.

Qual è il tuo stile?
Definirei ‘Statuto’ un romanzo con forti tinte thriller, anche se mi piace pensare che possieda tante altre piccole sfumature di altri generi!Ha una struttura narrativa piuttosto lineare, con qualche flashback a schiarire alcune sotto trame della storia, e penso sia facile da seguire e piuttosto scorrevole.

Il genere letterario che preferisci di più?
Purtroppo non sono un gran lettore, amo più scrivere che leggere, e tutte le ispirazioni che mi vengono quando scrivo prendono spunto da una delle mie più grandi passioni: le serie TV.
Come nascono le tue storie?
Traggo ispirazione, appunto, dalle serie TV; adoro il loro stile, la caratterizzazione dei personaggi ed i tempi tipici di un serial, che ti fanno affezionare ai protagonisti ed alla trama.
Forse è quello che cerco di fare anch’io; dividere i capitoli della storia come fossero le puntate di un telefilm, cercando di concludere ogni sezione con un briciolo di suspense.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Per lo stile del racconto, non penso ci sia un protagonista in cui io mi possa immedesimare, ma non escludo un giorno di creare un romanzo ed un personaggio fatto su misura x me!
 
Come è nata la tua ultima opera?
Con ‘Statuto’ volevo dar vita ad un romanzo ambientato in una piccola città, costretta  all’isolamento, in cui le vecchie incomprensioni fra gli abitanti dessero vita ad una pericolosa resa dei conti, molto più profonda di quello che si potrebbe pensare a prima vista. ‘Statuto’ conta vari personaggi, tutti piuttosto importanti, e dotati di una loro storia e di un loro atteggiamento.
Stai lavorando a qualche altro libro?
Ho un altro libro in ballo, che penso di concludere nel giro di qualche settimana, ed ho già le idee per un terzo!
Il tuo sogno?
Il mio sogno? Di certo non quello di diventare il nuovo Stephen King! Ma ammetto che mi piacerebbe anche vivere di questa passione, senza guadagnare cifre esorbitanti, e di farmi un nome nell’ambiente!Grazie mille x il tempo che mi dedicherai!

Intervista a Irene Milani

 Chi è Irene Milani

Irene è una moglie, mamma, insegnante che per ritagliarsi uno spazio tutto per sé, per leggere o scrivere, dev’essere sempre super organizzata… ma non tutte le ciambelle riescono col buco! Sono socievole, spesso troppo accondiscendente e, aimè, molto golosa.

Come è nata la passione per la scrittura? 
L’amore per la scrittura ha origine da quello per la lettura che ho avuto fin da piccolina. Quasi senza accorgermi ho iniziato a sentire l’esigenza di mettere su carta pensieri, sensazioni e vicende che non trovavo nei libri che leggevo.

Qual è il tuo stile? 
Avendo letto molto e di generi e stili diversi credo di aver creato un modo mio di scrivere che unisce gli aspetti che amo di più dei miei autori preferiti: elencarli sarebbe inutile perché talmente diversi e distanti tra loro da apparire inconciliabili… eppure ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa.

Il genere letterario che preferisci di più? 
Ultimamente prediligo i romanzi a sfondo storico, come ad esempio quelli di Ken Follet, ma leggo anche gialli, romanzi rosa e soprattutto i classici della letteratura italiana e straniera.

Quale genere letterario non ti piace? 
Non amo molto il fantasy ma ne ho letti comunque parecchi.

Come nascono le tue storie? 
I primi lavori avevano protagonisti attraverso i quali facevo emergere i miei pensieri e le mie esperienze; in seguito la situazione si è ribaltata e sono i personaggi che prendono vita e parlano attraverso l’autore… insomma sono loro ad aver preso le redini del libro!
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi? Sicuramente! In ognuno c’è molto di me: di come sono, di come vorrei essere e di come gli altri mi vedono, tutto mescolato insieme con, ovviamente, una buona dose di fantasia.
 
Come è nata la tua ultima opera? 
Può sembrare strano ma “la voce” della protagonista ha iniziato a parlarmi mentre camminavo con le cuffie dell’Mp3 nelle orecchie in una giornata di primavera, proprio come racconto nelle prime pagine del romanzo. Il resto è venuto quasi di getto, con dialoghi e scene che mi venivano in mente in ogni momento della giornata e che dovevo fermare sulla pagina prima che svanissero, cosa che quando si ha un bambino piccolo può essere complicato.
Stai lavorando a qualche altro libro? 
La vicenda iniziata ne “Il ritratto” non era conclusa, così ho terminato le avventure dei protagonisti con tre capitoli che spero vengano presto pubblicati.

 Il tuo sogno? 
Vedere il mio libro sullo scaffale di una grande libreria.

Contatti:

Intervista a Stefania Palamidesi

Chi è Stefania Palamidesi?
Stefania nasce a Roma da genitori catanesi, trasferitisi nella Capitale,prima della sua nascita. Quarta figlia di sei fratelli. Ha 43 anni e da sempre ama scrivere e leggere. Adora la vita,in tutte le sue sfaccettature ed applica alla sua vita, la legge di attrazione e la meditazione Ho- oponopono (mantra hawaiano) da circa un anno. Vive di emozioni,belle o brutte che siano, consapevole che ogni esperienza la può aiutare a crescere ed a evolvere la sua anima. Mette la passione in tutto ciò che fa e ama la sua famiglia d’origine sopra ogni cosa. Figlia presente,sorella attenta e zia amorevole con i suoi 8 nipoti. Ha aperto la sua mente a tante nuove amicizie ed è assolutamente convinta che ogni persona che entra nella sua vita, ha una ragione: niente accade per caso e con questa filosofia,vede solo la magia del mondo che la circonda.
Come è nata la passione per la scrittura? 
Da piccola,vedere l’inchiostro prendere vita sul foglio bianco l’ha sempre affascinata e quando ha cominciato a mettere per iscritto gli avvenimenti della sua vita su diari adolescenziali, ha capito che il suo mondo apparteneva alla scrittura, dimostrandolo a scuola e nelle storie che andava creando da un semplice evento capitatole per caso.
Qual è il tuo stile? Adoro esprimere sentimenti sopra ogni cosa, ma non ho un vero e proprio stile:è il mio cuore che mi detta cosa scrivere e solo dopo,cerco di dare un senso logico alle emozioni che riporto con descrizioni e sfumature.
Il genere letterario che preferisci di più? Inizialmente adoravo il genere romantico,dovuto ai libri ottocenteschi che leggevo. Ora è il fantasy che ha catturato il mio cuore e sono riuscita ad amalgamare queste due passioni, in un unico elemento.
Quale genere letterario non ti piace? Ho scoperto che non amo i libri che parlano di guerre,gli horror e tutto ciò che non mi da benessere emotivo.

Come nascono le tue storie? 
Assolutamente, vengono create dal mio universo magico che vuole emergere in tutte le sue forme. Ho l’animo romantico e sentimentale e sono convinta che la magia ci circonda e che va elevata in tutte le sue sfaccettature.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi? 
Nel mio primo romanzo,che ho messo nel cassetto, ero innamorata del personaggio maschile che avevo creato. In questo secondo romanzo,la protagonista ha qualcosa di me,così come tutti gli altri personaggi hanno catturato una piccola caratteristica della mia personalità molto eclettica.

Come è nata la tua ultima opera? 
L’origine del mio romanzo ha preso spunto dal film della Storia Infinita, che ho amato da subito. Ho sempre creduto che il mondo della fantasia sia sempre stato presente nella vita delle persone, ma che il progresso e il cinismo, ci abbia fatto dimenticare la magia e la fantasia che ci ha reso da piccoli, quelli che poi siamo diventati da adulti: va ricordato.

Stai lavorando a qualche altro libro? 
E’ prevista una trilogia del mio primo già pubblicato romanzo. Sto scrivendo il secondo e sto già creando il terzo con la mente. Non vedo l’ora di farli vivere. In un prossimo futuro,inoltre, è in progetto di voler raccontare l’esperienza che la Legge di attrazione ha completamente sconvolto la mia esistenza, di come la mia vita sia totalmente cambiata. In tal senso, continuo a prendere appunti ogni qual volta mi succede qualcosa di sincronistico o sorprendente.

Il tuo sogno? 
Il mio sogno più grande e penso lo sarà per molti scrittori, sarebbe quello di poter esistere facendo l’unica cosa che amo e che mi rende felice: scrivere e far conoscere l’immenso universo che alberga nel mio animo. La mia fantasia è talmente colma e il mio intelletto straborda di storie che non avrebbe mai fine. Non riesco a vedere niente nel mio futuro che non sia vivere della mia passione e sono sicura che posso farcela, se ne farò il centro del mio mondo e non solo come semplice passione o passatempo. Bisogna avere un obiettivo di cui essere sicuri se si vuole qualcosa con tutto se stesso e io sono una combattente nata.

Contatti
Stefy.desi72@gmail.com
Stefania.palamidesi/blogspot.it (il mio blog)
Stefania palamidesi/face book.com

Intervista a Clara Cerri

Chi è Clara Cerri?
È il nome che mi sono scelta quando ho pubblicato il mio primo libro di narrativa, Dodici posti dove non volevo andare, per distinguerla dall’altra me stessa che scriveva, e talvolta continua a scrivere, un genere di pubblicazioni completamente diverso. Però sono sempre io.

Come è nata la passione per la scrittura?
Da quando ho imparato a scrivere. A sette anni ho scritto il mio primo racconto: si intitolava “Il principe odiato” e parlava di una principessa che pur di non sposare un principe ne passava di tutti i colori. E alla fine non lo sposava, ovvio. La mia passione per la scrittura (intesa come narrativa) ha dovuto sempre lottare contro quella parte di me che la riteneva una distrazione da occupazioni più serie. Ma non si è mai spenta. 

Qual è il tuo stile?
Sono sobria. Lo ero già abbastanza per istinto, poi ho fatto un corso di Scrittura creativa in cui mi esortavano continuamente a togliere tutto quello che non serve, come eccessi di aggettivi, di avverbi, di precisazioni. Adesso forse esagero: una mia amica ha detto che a volte taglio tutte le parti che sporgono, fossero pure gambe e braccia, e che le parole si rincorrono finché non si urtano l’una con l’altra. Allora mi rileggo e cerco di spiegarmi meglio, di spendere una parola in più, di aggiungere una descrizione. Amo molto l’ironia, cerco di non prendermi mai troppo sul serio quando racconto. Per dire, in questo libro il bello della storia, un giovane pittore americano che studia a Roma, si presenta ai lettori completamente ubriaco, mentre cerca di spiegare la sua poetica a un tassista. Credo che l’ironia, se è sincera, possa farci capire meglio il mondo e aiutarci a sopravvivere ai momenti peggiori. Non mi piace invece l’ironia degli snob, di chi pensa di aver capito tutto a differenza degli altri.

Il genere letterario che preferisci di più?
I primi libri “da grande” che ho letto sono stati libri di fantascienza ed è un genere che mi è rimasto nel cuore, anche se non saprei scrivere una riga contenente alieni, astronavi o tecnologie future. Invece il genere cui aspiro è il realismo, che però forse è più un linguaggio che un genere, e che nel nostro secolo e in quello appena passato si è coniugato a molte forme diverse di narrazione:  penso per esempio a certe pagine eccezionali di Stephen King, dove si alternano orrori soprannaturali e spaccati profondi di vita vissuta.     

Quale genere letterario non ti piace?
Leggo quasi tutti i generi, ma non mi piacciono i libri infarciti di luoghi comuni con la scusa del genere. Per esempio, non mi piacciono le storie sentimentali in cui gli uomini sono presentati come stupendi quarti di bue (magari anche ricchissimi e con un beeep come un paracarro) e le ragazze sono sempre ingenue e semplici però in realtà bellissime non appena togli loro gli occhiali.

Come nascono le tue storie?
Come immagini, come scene girate nella mia testa. Le penso più volte, come se le recitassi, e poi le metto per iscritto. Una volta per scrivere un finale di una storia ho dovuto abbassare le serrande, perché avevo bisogno di mimarlo.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Moltissimo. Quando sono maschi dopo un po’ mi gira la testa. Ma è il lato più bello dello scrivere, entrare nella mente di qualcuno totalmente diverso. In questo libro l’operazione aveva un gusto particolare perché molti dei personaggi sono miei parenti, veri o immaginari. Per plasmarli ho fatto man bassa delle mie manie e dei miei punti di forza e di debolezza, fidandomi molto del mio istinto.

Come è nata la tua ultima opera?
C’era una storia che mi aveva molto impressionato ma che non avevo voglia di raccontare, quella di un musicista americano diventato pazzo per inseguire un sogno impossibile di perfezione. A un certo punto mi è venuta l’idea di immaginare l’incontro tra quest’uomo, che nel libro chiamo William Denver, e la mia famiglia, che aveva una grande passione per la musica e che pure ha avuto dei momenti molto tristi. Così ho cominciato a frequentare “posti dove non volevo andare”, memorie personali e famigliari che erano, per un motivo o per un altro, dei nervi scoperti. L’opera ha una sua forma peculiare di raccolta di racconti indipendenti, con toni e punti di vista diversi, però incentrati su una storia sola che parte dalla Roma degli anni ’50 e finisce in una Roma attuale, apocalittica e un po’ allucinata.   

Stai lavorando a qualche altro libro?
Sto scrivendo un romanzo sull’adolescenza di Roy Cerri, uno dei personaggi dei Dodici posti (il bello ubriaco, per intenderci).

Il tuo sogno?
Se proprio devo sognare, tanto vale farlo in grande: il mio libro che fa successo all’estero e diventa un film di Hollywood. Con Lee Pace, o Jared Padalecki (AKA Sam Winchester), che interpreta William Denver. Sull’interprete ideale di Roy Cerri le mie lettrici sono molto divise, quindi non mi pronuncio. Basta che sia alto e bello.

Contatti:
La mia mail è cavalli64@gmail.com

https://www.facebook.com/claracerri.scrittrice

Intervista a Daniela Nardi

Chi è Daniela Nardi?
Una tipa un po’ lunatica con la passione della lettura e della scrittura.
  
Come è nata la passione per la scrittura?
Credo sia nata con me, nel senso che appena ho avuto la possibilità di stringere una penna tra le dita è cominciata la meravigliosa avventura dello scrivere. A sei anni ho composto la prima poesia e da allora è stato un continuo fluire di parole nella mia testa.

Qual è il tuo stile?
Dipende da quello che sto scrivendo, riesco ad adattarlo al genere di racconto che ho in mente. Mi sono resa conto che l’influenza della poesia, sia nelle letture sia quella scritta personalmente, è stata fondamentale  ed è presente in ogni mio scritto. Come Honorè de Balac,  ricerco con pazienza certosina  parole che coinvolgano emotivamente il lettore.

Il genere letterario che preferisci di più?
Leggo di tutto, mi piace tenere la mente aperta ad ogni esperienza, però prediligo il romanzo realista e adoro in maniera incondizionata Gabriel Garcia Marquez e il suo stile magico, fortemente evocativo.

Quale genere letterario non ti piace?
Do sempre un’opportunità a tutti i generi, magari leggendo più di un libro per poi farmi un’opinione;  il fantasy però, proprio non lo digerisco, mentre i gialli e i thriller mi piacciono, ma non sarei in grado di scriverne uno.

Come nascono le tue storie?
Osservando, ascoltando, semplicemente vivendo. A volte basta cogliere una frase oppure guardare un paesaggio, assistere a un evento, scoprire il comportamento di una persona; l’importante è che la spia dell’ ispirazione sia sempre accesa.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Ogni personaggio ha qualcosa di me, anche quando è lontanissimo dalla mia natura. È importante riuscirne a cogliere i tratti psicologici e trasporli in maniera efficace nella storia che sto scrivendo. Allo stesso tempo cerco di non farmi coinvolgere troppo, non simpatizzo per questo  o quel personaggio, non esprimo giudizi. Farei un cattivo servizio al lettore, che deve sentirsi libero di formulare una personale opinione su ciò che sta leggendo.

Come è nata la tua ultima opera?
È stato un percorso lungo, durato anni. CARNE UMANA è una raccolta di racconti molto eterogenea per quanto riguarda gli argomenti, che hanno tutti una valenza sociale. Cogliere il momento giusto, la storia che colpisce e che si vuole tradurre in emozione, in confronto morale, richiede tempo e disposizione emotiva; alla fine, ti rendi conto che quello che hai scritto, le storie, gli episodi di vita, le singole esperienze, hanno in comune un sentimento, uno stato d’animo comune a tutti. Nel caso di Carne Umana è la solitudine, non intesa nel significato più semplice del sentirsi soli, ma quella che si spinge fino al solipsismo.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Ho da poco completato l’editing di un romanzo breve dal titolo MILLE GIORNI D’INVERNO. Ambientato durante la seconda guerra mondiale, è quello che si potrebbe definire un romanzo storico-familiare; è un lavoro a cui tengo molto, scritto in uno stile suggestivo, quasi magico ed è dedicato a mia madre, che mi ha raccontato tanti episodi della sua famiglia durante quel periodo tragico. E poi mi sta frullando nella testa un progettino di recupero del mio primissimo romanzo, per trasformarlo in letteratura trash e commerciale che va tanto di moda adesso! Ovviamente con tanta ironia.

Il tuo sogno?
Quello comune a tanti che scrivono: avere la possibilità di trasmettere emozioni, di arricchire l’animo di chi avrà la compiacenza di leggermi.

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Booktrailer CARNE UMANA: