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Category ArchiveIntervista a Scrittori Criccosi

Intervista a Beatrice Barbiero

Presentati.
Ciao a tutti! Mi chiamo Beatrice Barbiero, nata e cresciuta a Venezia 25 anni fa, dove vivo tuttora e dove studio archeologia a Ca’ Foscari, dopo aver conseguito una laurea triennale in Conservazione dei Beni Culturali. La mia vita si divide tra la scrittura e lo studio, principalmente: ho lavorato per qualche anno come collaboratrice esterna per il magazine Cioè, nel 2010 ho pubblicato il mio primo romanzo, Backstage, e ho partecipato a diversi concorsi con racconti brevi. Amo l’arte in tutte le sue forme: vado spesso a teatro, in giro per musei, leggo moltissimo e ascolto musica di tutti i generi.

Come è nata la passione per la scrittura?
E’ cresciuta dalla passione per la lettura. Mia madre mi raccontava le fiabe della buonanotte per farmi addormentare, quando ero piccola, e molto presto ho imparato a leggere da sola, per poi passare al raccontarmi le mie stesse storie, sia la sera, sia durante il giorno quando mi trovavo a giocare da sola. A scuola i temi erano i compiti in classe che preferivo ed è capitato che qualche insegnante mi facesse leggere la mia storia davanti alla classe. Infine, non ho più potuto fare a meno di scrivere, semplicemente: c’è sempre qualche nuova storia da raccontare, personaggi che si impongono, che voglio sviluppare e scoprire.

Qual è il tuo stile?
Uno stile che vuole ricalcare la realtà il più possibile, soprattutto dove tutto appare irrazionale e impossibile; è una descrizione oggettiva degli eventi, facendo trasparire dai personaggi stessi i loro pensieri, piuttosto che da ciò che scrivo, anche se spesso mi diverto a fare la parte del narratore onnisciente. Amo giocare con le parole, creare scenari un po’ onirici per raccontare piccoli eventi, mentre per le ampie panoramiche o nei momenti cruciali mi limito all’essenziale. Cerco di far uscire dal racconto tutti e cinque i sensi usati dai personaggi.

Il genere letterario che preferisci di più?
Leggo di tutto, dipende dal momento, da cosa ho bisogno di sognare, o conoscere. Mi capita di leggere determinati libri unicamente perché so che possono aiutare ciò che sto scrivendo in quel periodo. L’unico genere che non sono ancora riuscita ad apprezzare pienamente è il thriller, ma ho intenzione di recuperare al più presto.

Quale genere letterario non ti piace?
Non escludo nulla dalla mia wish list letteraria.

Come nascono le tue storie?
Da idee improvvise: posso farmi ispirare da un paesaggio, o guardando una persona sconosciuta per strada, ascoltando una musica o vivendo una situazione particolare. Dopo aver abbozzato l’idea di base, inizio a scoprire il mondo in cui verrà ambientata la storia, il protagonista e gli altri personaggi, quale può essere il loro vissuto; è un lavoro lungo che per me richiede più tempo della stesura effettiva del romanzo. Quando è tutto chiaro sia nella mia testa, che nei vari file nel computer e nei fogli scritti a mano sparsi in giro, solo allora scrivo una sinossi da dividere poi in capitoli.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Mi immedesimo in loro il tempo necessario per scriverli e farli agire, e a volte è complicato perché tutti devono avere una loro individualità ben distinta e non devo mettere in ognuno di loro un po’ di me. E’ una sorta di schizofrenia temporanea.

Come è nata la tua ultima opera?
La Melodia della Memoria è nata dal desiderio di raccontare di una grande amicizia, più forte anche della morte, un’amicizia tra due ragazze totalmente diverse, ma che si completano e si proteggono a vicenda. Bab è stato il primo personaggio nato in funzione di questo romanzo e doveva essere la protagonista, ma poi ho capito che Fanny sarebbe stata più adatta come “angelo custode”. A quel punto è nata Acra Aleon e tutta la mitologia di Orphelia e Kennaz, ho ricercato per ognuna delle streghe del Circolo della Civetta la storia adatta, il background unico e particolare che le ha fatte essere Kennaz con ricordi. Alexis e Caleb sono venuti di conseguenza, mentre Francesco era un personaggio di cui avevo già scritto e che ho ripescato da un vecchio racconto nascosto nei meandri dei file dimenticati. Nel corso della stesura sono stata un paio di volte a Londra per cercare i luoghi giusti per i flashback di Fanny e per trovare l’ispirazione per l’ultima battaglia.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Al momento sto facendo ricerche per un romanzo steampunk ambientato tra Venezia e Londra nell’800: sono le città a cui sono maggiormente affezionata e anche le mie più grandi fonti d’ispirazione, quindi vorrei che il contesto fosse il più autentico possibile. Però ho già scritto il prologo e delineato una serie di personaggi su cui scrivere.

Il tuo sogno?
Scrivere un romanzo storico ambientato nella Babilonia di epoca neo-babilonese, magari sotto il regno di Nabonedo, oppure nel IV sec a.C., in epoca seleucide. Sono un’archeologa orientalista e il mio sogno più grande sarebbe quello di mischiare le mie passioni e i miei lavori e produrre qualcosa di bello e coerente storicamente per far conoscere un po’ di più a tutti quella meravigliosa terra che era la Mesopotamia.

Contatti:

Intervista a Roberta De Tomi

Presentati.
Ciao a tutti, mi chiamo Roberta De Tomi, abito in un piccolo paese della Bassa modenese. Dopo la 
Laurea al Dams di Bologna, con la mia dotazione di sogni e passioni, tra letteratura, arte, musica e 
spettacolo, ho iniziato il mio percorso lavorativo. Un percorso lungo, costellato da parecchie 
delusioni ma anche da bellissime esperienze e conoscenze. Così, tra una collaborazione 
giornalistica, l’organizzazione di eventi culturali, concorsi letterari, pubblicazioni e lavori e lavoretti 
di vario tipo e in diversi ambiti,  arrivo a oggi, con un sogno che, almeno in parte e per il momento, 
si è realizzato: il lavoro in ambito culturale. Nel frattempo, continuo a costruire il mio castello di 
libri e storie.

Come è nata la passione per la scrittura?
Fin dalla più tenera età sono cresciuta con le storie, prima quelle sonore o raccontate dai miei 
genitori, poi con quelle che leggevo. Ero una bambina molto fantasiosa: a ogni racconto tendevo a 
ricamare sulle vicende che ascoltavo aggiungendo dettagli o immaginando nuove versioni e finali 
alternativi. Questa immaginazione, decisamente fervida, mi accompagnava nei momenti dei giochi, 
altre occasioni in cui inventavo storie, complice una certa solitudine dovuta  alla mia indole 
introversa. Poi, dopo mille vicissitudini, trascorsi anni di storie scritte e tenute ben nascoste, sono 
arrivate le prime esperienze legate alla scrittura. I concorsi letterari: la partecipazione ad alcune 
antologie di racconti con elaborati su tematiche di una certa importanza. Un racconto in particolare, 
che allora ha lasciato un segno tra i componenti della giuria, “Giulietta non muore mai”, era 
incentrato sulla relazione sentimentale tra due donne costrette ad affrontare i pregiudizi del piccolo 
paese in cui abitavano. Questo racconto è stato incluso nella raccolta 9^ Rassegna di Scrittori 
Modenesi.  Da allora sono passati otto anni, i progetti cui ho preso parte successivamente sono stati 
numerosi, molti dei quali con esiti alterni ma sicuramente interessanti e arricchenti.   

Qual è il tuo stile?
All’inizio tendevo a utilizzare un registro altisonante e ricercato, con costrutti pesanti. Lo facevo 
perché la mia scrittura voleva essere uno specchio di situazioni dell’anima, quindi giocavo molto 
con un linguaggio “poetico”, ricco di simbolismi, lo ammetto, forse anche troppo cavilloso e 
astratto.  Negli ultimi anni, invece, il mio stile è diventato più concreto; ho iniziato a lavorare nella 
direzione dello “Show, don’t tell” o almeno ci sto provando. In questo cambio di direzione sono 
state decisive sia le collaborazioni giornalistiche, sia quella con HOW2 Edizioni, per cui ho scritto 
il manuale Come sedurre le donne. Il confronto con l’editor, Daniele Corradi, e con l’editore, Dario 
Abate, mi ha fatto davvero capire cosa significa scrivere per un pubblico di lettori. 
A oggi sto iniziando ad aprire quei cassetti in cui avevo nascosto alcuni esperimenti. Ai tempi li 
consideravo troppo arditi, in realtà avevo paura a osare. Niente di più sbagliato: se vuoi scrivere, 
devi fronteggiare le tue paure e metterti alla prova, soprattutto con quello che ti risulta più ostico. 
Provare, sempre e non temere di sbagliare (mio tallone di Achille, per anni!).  

Il genere letterario che preferisci di più?
Il fantastico, in tutte le sue declinazioni. Michael Ende è il capofila, ma la lista è infinita.

Quale genere letterario non ti piace?
 Non ho un genere letterario che non mi piace. Essendo curiosa e amante delle letture, amo spaziare. 

Come nascono le tue storie?
La maggior parte nascono da un’immagine che visualizzo, magari all’improvviso. Questa immagine 
si accende in testa; dalla sua trascrizione nasce poi la necessità di realizzare una scaletta della trama 
e dei personaggi da cui sviluppare il resto della vicenda. 
Mi è accaduto per  Follia d’ardesia, contenuto in Lucide Ossessioni (AlbusEdizioni): per giorni ho 
immaginato quella che sarebbe poi diventata la protagonista di questo thriller. Così sono passata 
alla scrittura di questo romanzo. Mi è accaduto per tutti i racconti inclusi nelle antologie. Per 
Magnitudo apparente (Lettere Animate – E-book) il discorso è un po’ più complesso, in quanto è 
nato dalla terribile esperienza legata al terremoto che nel maggio 2012 ha colpito la mia zona (e non 
solo la mia). Magnitudo apparente è stata la mia salvezza, la fuga dalle conseguenze traumatiche 
del sisma, ma anche un modo per raccontare questo evento a chi non l’ha vissuto. Inoltre, è stata 
l’occasione per parlare dei Neet. Si tratta di una condizione che conosco molto bene e di cui vorrei 
continuare a parlare. Se ripercorro gli ultimi tre anni di scrittura, vedo questo: la scrittura come 
ancora di salvezza. Il resto, è stato lavoro sullo stile, sui personaggi, sulle storie.  

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Sempre. Lascio che si impossessino della storia. La devono vivere e io stessa la devo vivere. Salvo 
poi tornare nella realtà.  

Come è nata la tua ultima opera?
Il maledetto residuo nel cuore rappresenta una sfida. Al termine dell’editing, mi sono chiesta: non 
avrò messo troppa carne sul fuoco? I temi, i personaggi, le situazioni: è uno straripamento di 
inchiostro! Un amico, lettore forte che ha letto il libro, mi ha detto che ogni personaggio sembra 
proiettare un aspetto del mio carattere. Complesso, variegato, contradditorio, bello, brutto. Non 
importa, detesto le visioni coercitive. In realtà questo romanzo ha un cardine attorno al quale 
ruotano tutte le vicende. Si tratta dell’amore. L’amore è il residuo cui mi riferisco nel titolo: può 
essere completamento, ma può diventare un’ossessione, una dipendenza che ci impedisce di vivere. 
È il caso di una delle protagoniste, Elena, precaria non per una mera ragione sociale o economica, 
ma perché è soggiogata dall’amore per Simone che approfitta del potere che ha sulla ragazza per 
fare quello che gli pare. Ma c’è anche l’amore di Melissa, futura sposa. C’è quello di Angela, 
libertina che ha sempre scansato il “folle sentimento” per temperamento, ma che ora lo deve 
affrontare. Poi c’è l’amore di Lubiana per la danza. E l’amore di altri personaggi. Infine, ma non in 
ultima istanza, c’è l’American Dream: quel sogno che accomuna un’intera generazione (la mia) e 
che non sempre sfocia nel successo come accade alla fine dei provini di film anni Ottanta come 
Fame, giusto per citarne uno.  

Stai lavorando a qualche altro libro?
Sto lavorando a un romanzo fantastico che avevo iniziato alcuni anni fa e poi avevo abbandonato. 
Nel frattempo mi sto concentrando sulla promozione de Il maledetto residuo nel cuore, anche 
attraverso il blog omonimo. Una sperimentazione? Un sequel? Un diario? Chiamatelo come volete, 
è comunque un viaggio nel mondo di Elena che ci permette di conoscere il libro e i suoi personaggi.  

Il tuo sogno?
Riuscire a pubblicare il fantasy su cui sto lavorando. È un sogno che avevo espresso a suo tempo. 
Ho provato, ma non è andata bene, ora mi rimetto al lavoro e si vedrà. Ho un altro grande sogno: 
scrivere la sceneggiatura di un musical che fonda impegno sociale e fantastico. 
Ecco, forse sto sognando troppo, torno con i piedi per terra! 


Vorrei ringraziarti per lo spazio che mi hai concesso e ringraziare i tuoi lettori per l’attenzione. 

Contatti:
E-mail: wordsonly14@gmail.com
Blog: ilmaledettoresiduonelcuore.blogspot.com; notfacstonlywords.blogspot.com 
Facebook: https://www.facebook.com/robertamab.detomi
Twitter: https://twitter.com/AmargantaBlue

Un abbraccio!

Collaborazione Criccosa: Intervista a Paul J. Horten

Informatico, giornalista, collezionista di armi da fuoco e con un passato nel servizio militare. Oltre a tutto questo chi è Paul J. Horten?

Un uomo appassionato, un attento osservatore della natura umana, un lettore instancabile, anche se c’è chi mi confina nelle tre attività menzionate nella domanda.
Come ti sei avvicinato alla scrittura e come è nato il primo volume della trilogia Spaceborne Marines?
Scrivo da anni come giornalista tecnico nel campo delle armi da fuoco e della Difesa, ed ho alle spalle diversi tentativi di pubblicazione di romanzi con l’editoria tradizionale. Il primo volume è nato su Facebook, per caso. Incoraggiato dagli amici che avevano letto l’incipit, creai un gruppo ed inserii gli stessi amici come beta readers, scrivendo e pubblicando a puntate nel gruppo i capitoli di Minaccia. Gli stessi amici commentavano e davano anche degli spunti. Ecco come è iniziato tutto.
C’è qualcosa di autobiografico?
Sì, alcune cose, come, per esempio, le sensazioni durante i lanci con gli Esoscheletri: sono riprese di peso dai lanci con il paracadute fatti sia quando ero militare sia quando sono stato in Francia, per sport; oppure la tensione estrema di quando Dexter Dax va a caccia dei suoi attentatori durante la sparatoria a New York.
So che ti stai dedicando alla stesura dell’ultimo volume di Spaceborne Marines, intitolato Resurrezione. C’è qualche altro progetto in cantiere dello stesso genere?
Al momento un military thriller, che avevo cominciato a scrivere tre anni fa e che va sviluppato e terminato. Per la sci-fi militare non ho ancora programmato niente. Sarà l’attualità, eventualmente, ad ispirarmi di nuovo, come è successo per Spaceborne Marines.
Il tuo stile si avvicina a qualche scrittore che ammiri?
Questo dovrebbe dirlo il lettore. Io amo la concisione di Tom Clancy, per esempio, o lo stile epico di

Tolkien, ma anche la roboante vivacità di Pennac. Non ho idea se tutto questo si noti nelle mie pagine, ma l’idea è quella di raccontare in maniera avvincente una storia: eventi, sentimenti, emozioni. E di far “vedere” e “sentire” al lettore ciò che succede, fino a farlo calare nel mondo che ho creato. A volte uno scrittore è un demiurgo. Spero solo di esserci riuscito.

Avresti mai immaginato, un giorno, di pubblicare una trilogia o è sempre stata una delle tue aspirazioni?
Non avevo mai immaginato in vita mia di scrivere una trilogia, ma solo romanzi singoli. L’idea è nata durante la stesura di Minaccia, perché c’erano altri temi che, man mano, volevo approfondire, ovviamente sempre spunti presi dall’attualità, sia sociale che personale.
Progetti futuri?
Come ho accennato prima, un military thriller, ma c’è anche un fantasy horror basato su figure femminili, una spy story basata su una vicenda vissuta. Mi piacerebbe scrivere anche gialli, ma credo siano il genere narrativo più difficile, perché richiedono una capacità di pianificazione che ancora non ho, ma che conto di raggiungere ben presto.


Ringrazio Paul J. Horten per aver risposto alle mie domande e alla casa editrice Genesis Publishing che mi ha dato questa opportunità. 

Intervista ad Antonia Romagnoli

Presentati.
Ciao Stefania e ciao a te che stai leggendo! Che cosa posso raccontarvi su di me? Credo che la cosa che mi rappresenta di più sia la mia dimensione di moglie e mamma, soprattutto da quando ai due figli avviati verso l’adolescenza si è aggiunto un terzo bimbo, ora di quasi due anni. La mia vita è tutta qui, in casa a tamponare i danni della mia piccola peste, al computer divisa fra le mie storie e i siti che gestisco come webmaster. Una specie di casalinga disperata ma non troppo, che sogna di fate e maghi appena può.
Come è nata la passione per la scrittura?
È nata subito, è stato un amore a prima vista quello fra me e la penna (non so quanto ricambiato). Soprattutto, ho sempre amato leggere, in particolare la narrativa che mi permettesse di sognare e di volare via con l’immaginazione. Fin da ragazzina ho scritto racconti, poesie e riflessioni: faceva parte del mio modo di essere.
Poi “da grande” ho abbandonato la poesia e, per un lungo periodo, anche la scrittura, fino a che la mia storia non mi ha costretta ad andare alla ricerca di me stessa e l’unico modo che mi era congeniale era farlo… scrivendo.
Qual è il tuo stile?
Dal punto di vista tecnico, prediligo gestire diversi punti di vista con la terza persona, con grande spazio ai dialoghi e descrizioni funzionali.
Dal punto di vista dello stile narrativo amo molto l’ironia. Non per niente uno dei personaggi della saga meglio riusciti è il mago Dert, un arzillo vecchietto che irrompe nei momenti drammatici e smorza i toni con le sue uscite inopportune.
Il genere letterario che preferisci di più?
Dipende dal momento e dallo stato d’animo. Leggo classici, romance storici, fantasy, fantascienza.
Quale genere letterario non ti piace?
L’erotico, è fuori dalle mie corde.
Come nascono le tue storie?
Credo che nascano dalla realtà che mi circonda. Anche se finisco sempre col narrare in forma fantastica o come fiaba, mi ispiro a quello che vivo. Spesso sono le storie che mi racconto da sola per superare gli stati d’ansia, quando mi assalgono. Per questo finisco sempre con venare le mie storie di ironia. Per sdrammatizzare la vita.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Sì. In alcuni più che in altri… in Slupp due personaggi sono rispettivamente l’autrice e l’alter ego dell’autrice. Ma qui rasentiamo la follia, lo ammetto!!!
Ester, la protagonista della saga fantasy, contiene un concentrato dei miei lati peggiori e delle mie insicurezze. Qualcuno l’ha definita un’antieroina, e in parte la è: mi è servita per esorcizzare aspetti della mia vita che mi schiacciavano.
Come è nata la tua ultima opera?
L’ultimo romanzo che ho portato a termine è Aerys, il quarto episodio della saga fantasy. Si tratta di un prequel che ha per protagonista la Fanciulla delle Terre, citata più volte nei romanzi precedenti. La storia è nata per un senso di chiusura con la saga. In essa ho voluto raccontare ciò che nella trilogia viene solo sfiorato, rendendo vivi quei personaggi citati tante volte, ma appartenenti a un passato lontano.
Stai lavorando a qualche altro libro?
Ora sto scrivendo un romanzo rosa, storico, con fantasma: mette insieme alcune delle mie passioni, il racconto regency e la ghost story classica. Chissà come ne esco!
Il tuo sogno?
Il sogno è lo stesso di sempre: scrivere qualcosa che valga la pena d’essere letto e trovare qualcuno che lo apprezzi. Mi piacerebbe avere di nuovo lettori che amino le mie storie, ma mi accorgo che con la promozione sono una frana. Sono sempre stata una creatura che vive nell’ombra, dotata di una naturale invisibilità… difficile e faticoso, per una come me, adattarsi ai modelli vincenti di oggi, ma spero che almeno un pochino il sogno si avveri.

Su Twitter: @antoniaromagnol; https://twitter.com/antoniaromagnol 

Intervista ad Alessandra Giavazzi

Presentati.
Buongiorno!
Sono Alessandra e ho alle spalle 24 bellissimi anni.

Come è nata la passione per la scrittura?
Da quando so che esiste. Da piccola adoravo farmi leggere le favole, più dei film della walt disney. A 3 anni ho voluto imparare a scrivere. A 11 ho scritto il mio primo racconto. 

Qual è il tuo stile?
Dipende dalla materia e dal destinatario. Ciò che adoro fare è sperimentare vari stili.

Il genere letterario che preferisci di più?
Anche del genere devo dire la stessa cosa. La scelta degli elementi della storia che definiscono il genere è fatta in funzione dell’idea che vorrei esprimere e dei lettori a cui la vorrei comunicare.

Quale genere letterario non ti piace?
Se proprio devo escludere un genere è quello autobiografico: la pretesa di veridicità mi da un fastidio tremendo!

Come nascono le tue storie?
Sono figlie delle mie idee. Mi piace leggere libri di filosofia e psicologia, capire in profondità dei concetti e poi raccontarli attraverso una bella storia.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Tanto quando mi immedesimo nelle persone che incontro e conosco per cercare di prevedere le loro azioni.

Come è nata la tua ultima opera?
La storia è nata in modo spontaneo, automatico, senza che ci abbia pensato troppo sopra. Nello sviluppo, invece, sono stata cervellotica per riuscire ad incastrare bene tutti gli indizi nella vicenda.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Ho appena scritto la prima stesura di un romanzo. È una storia che parla dell’amore e del tempo… Credo che lo intitolerò proprio così, “Amore e Tempo”!

Il tuo sogno?
Ecco! Mi hai fatto venire il blocco dello scrittore con questa domanda. Ho tanti sogni… ma il più grande è un segreto.

Contatti:

Intervista a Lojarro Daniela

Presentati.
Sono una donna appassionata e passionale che vive sempre tutto sulla sua pelle. Ho avuto il dono della voce che ho potuto sviluppare grazie all’appoggio dei miei genitori e di mio marito che mi hanno sostenuto nelle mie scelte di carriera e repertorio. Ho superato molti scogli durante il mio percorso artistico e di tutte le dimensioni: ho lavorato sodo per raggiungere gli obiettivi che desideravo. La tensione che si creava in teatro, però, quando percepivo che il pubblico era coinvolto, era un’esperienza straordinaria e meravigliosa che ha sempre ripagato le ore di studio e anche tutte le cattiverie e malignità che negli ambienti di lavoro competitivi si devono ingoiare. L’affetto con cui i fans ancora oggi mi scrivono e mi contattano testimonia che certi legami restano nel tempo e nonostante la lontananza. Dal palcoscenico e dalla vita “raminga” del cantante lirico in giro sui palcoscenici di tutto il mondo in questi ultimi anni sono passata alla musico-terapia. Questo cambiamento ha significato anche un nuovo periodo di studio nel quale mi sono buttata a capofitto sostituendo spartiti e libretti d’Opera con elenchi di organi, muscoli, ossa, patologie dell’orecchio, malattie del sistema immunitario … . Ora, sono i progressi dei bambini nello sviluppo della lingua e della comunicazione oppure delle persone anziane che tornano a provar gioia nella conversazione e nel comunicare a ripagarmi di questa metamorfosi. Coltivo sempre e comunque la passione per la musica (mi esibisco ancora in concerti), la lettura, i viaggi, la cucina (tra un capitolo e l’altro o tra una seduta di terapia e l’altra sforno torte, pizze, lasagne …).

Come è nata la passione per la scrittura?
Fin da bambina scrivevo storie che poi mettevo in scena con le mie amiche. Il desiderio di scrivere, o meglio, la “necessità” di scrivere si è incuneata fra l’attività artistica e quella di terapista, precisamente durante un periodo di pausa che mi ero concessa per capire su quale strada volevo incamminarmi poiché girare il mondo per cantare iniziava a starmi stretto. Un’estate nelle Marche, precisamente nella Gola del Furlo, fui folgorata da un’idea: usare quella galleria scavata nella roccia, quella antica strada romana a picco sul torrente e rinchiusa fra pareti ripide come un passaggio per un altro mondo. E così è stato. Quella notte e nei giorni successivi la storia, i personaggi principali si sono come manifestati diventando sempre più netti e “obbligandomi” a scrivere. Ho usato non a caso il verbo “obbligare”. Per un musicista l’unico vero linguaggio è quello della Musica, superiore a qualunque lingua: io ho combattuto con me stessa per decidermi a usare le “parole”. Poi, ho capito che Scrittura e Musica non sono mondi distinti, separati: entrambi nascono dall’ascolto, dall’impulso e dal desiderio di comunicare/rsi. Cantare o far musica è cercare di conferire alle note quel colore che possa trasmettere il movimento dell’animo che sta alla base del pensiero creativo del compositore a chi ascolta. Scrivere è cercare la parola, fra tutte quelle che usiamo abitualmente nelle relazioni sociali, capace di suscitare nel lettore la vibrazione legata all’emozione come se la stesse vivendo o rivivendo. Per questo in entrambi i casi è un lavoro di rifinitura, di attenzione e di tensione (nel senso del divenire del tendere a qualcosa) fino a che non ho trovato la risonanza che mi pare più consona, l’accordo che fa vibrare che mette in risonanza scrittore e lettore. In fondo musica e parole hanno radice comune: la vibrazione, l’onda sonora che nel romanzo io definisco Suono Sacro che in fisica si misura in hertz.
Qual è il tuo stile?
Il mio è un romanzo fantasy in cui alterno monologhi riflessivi dei personaggi, scene di dialoghi con grande attenzione ai dettagli espressivi del tono della voce, degli eventuali tic, delle reazioni fisiche a movimenti d’animo, emozioni o ai fatti che stanno accadendo. Ritengo molto importante anche differenziare, soprattutto in questo genere, il vocabolario e l’atteggiamento vocale dei personaggi in relazione alla loro posizione sociale. Essenziale, inoltre, le descrizioni dei paesaggi o degli ambienti per permettere al lettore di entrare nel mondo che ho creato con la mia fantasia e lasciarsi avvolgere dalle atmosfere in cui vivono i personaggi.

Il genere letterario che preferisci di più?
Probabilmente il romanzo storico ma deve essere accurato altrimenti si rivela un polpettone. Adoro per questa ragione Iain Pears, Eobert Graves, Marguerite Yourcenar e anche i nostri Simonetta Agnello Hornby, Rita Monaldi e Francesco Sorti, Laura Mancinelli. Amo i grandi romanzieri francesi: Hugo, Zola, Dumas. Tariq Alì, Éliette Abécassis, Jack Whyte e per il fantasy il mio modello è senza ombra di dubbio Marion Zimmer Bradley.

Quale genere letterario non ti piace?
Non leggo romanzi rosa e urban fantasy, storie di angeli e streghe e vampiri.

Come nascono le tue storie?
Le mie storie nascono sempre da fortissime impressioni ricevute visitando luoghi particolari o siti archeologici. Lo sviluppo mi prende molto tempo: si tratta di un periodo durante il quale prendo appunti su tutto quel che mi capita perché sovente le idee mi vengono mentre passeggio da sola nel bosco. Poi, scrivo di getto. Lascio “riposare” e riprendo in mano più volte completando a strati, ampliando, eliminando, spostando o inserendo nuovi personaggi. L’importante per me è avere un punto d’inizio fermo e la fine: la strada che percorro per arrivarci è in continua evoluzione e conosco anche periodi di rifiuto totale della scrittura.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Ogni autore cela qualcosa di sé nella storia e nei personaggi. Cesare Pavese diceva: «Scrivere è sempre nascondere qualche cosa in modo che venga poi scoperto». I personaggi del mio libro nascono dall’osservazione di persone colte nella quotidianità in sinergia con la rielaborazione di emozioni, impressioni e ricordi personali. Abituata al lavoro in teatro, nello scrivere mi sono identificata in tutti. Per ogni frase o pensiero, ho sempre cercato di mettermi nei panni di quel personaggio e di farlo agire secondo la sua personalità, la sua condizione sociale e psicologica e per il fine che si proponeva di raggiungere, caratterizzandolo anche con espressioni mimiche o tic nervosi che possono apparire in momenti di tensione emotiva.

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Stai lavorando a qualche altro libro?
Sto scrivendo una nuova storia per la saga del Suono Sacro: nuovi personaggi, nuove terre, un altro popolo … Cosa nascerà dall’incontro? O sarà uno scontro? Chissà! Non so ancora dove mi stiano portando i personaggi!
Il tuo sogno?
Mi piacerebbe visitare il medio oriente (Giordania, Siria), la Mezzaluna fertile, l’antica Persia … al momento un po’ difficile! Per due motivi: archeologia, architettura e possibilità di assaporare gli odori i profumi percepire i colori delle terre che sono state la culla della civiltà umana agli albori dell’epoca delle prime “città”.

Contatti:

Intervista a Marco Alfaroli

Presentati.
Mi chiamo Marco Alfaroli e sono un vigile del fuoco. Sì, un pompiere! Di quelli che si vedono con la faccia annerita dal fumo a fine incendio alle spalle del giornalista, mentre il cameraman riprende per il TG. Faccio il mio lavoro con passione e coltivo molti hobby nel tempo libero, uno di questi è scrivere. L’altro, non meno importante, è disegnare.

Come è nata la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura è nata col trascorrere degli anni. Direi che è un mix ti tante passioni e la principale è la fantascienza. Assorbita dai film, dai libri di Urania di mio padre che conservo ormai vecchi e ingialliti, dalle serie TV degli anni ’70 che hanno fatto sognare la mia generazione, e dai fumetti. La bande dessinée, infatti, mi ha accompagnato fino all’età adulta, il mio fumetto preferito è stato Nathan Never, pieno di citazioni cinematografiche e ben disegnato. Ho provato per anni a disegnare fumetti, così per gioco… come direbbe Fantozzi: “per puro spirito sportivo”. Poi, agli inizi del 2000, sono cambiate tante cose, è arrivato Windows Xp, internet si è potenziato, ed è stato naturale per me diventare blogger. Il blog è come una rivista che non va in edicola ma può essere tranquillamente sfogliata da un utente che vive in Australia o in Giappone… è fantastico! Nessun editore può assicurare una copertura simile. Col blog e leggendo i blog degli altri ho affinato le mie tecniche di illustrazione, mi sono comprato la tavoletta grafica e ho abbandonato l’idea di raccontare storie attraverso i fumetti. Il passo successivo è stato scriverle come romanzi o racconti, quelle storie, e illustrarne le copertine, visto che sono in grado di farlo.

Qual è il tuo stile?
Non so dire quale sia il mio stile, non suddivido gli autori che ho letto in stili di scrittura. Per quanto mi riguarda cerco di scrivere più semplice e scorrevole possibile, e poi mi metto nelle mani di editor capaci; vorrei segnalarli qui: sono gli scrittori Diego Bortolozzo, Guido de Eccher e Gianluca Turconi. Bravissimi colleghi e amici.

Il genere letterario che preferisci di più?
La fantascienza. Però leggo volentieri anche i romanzi storici e i saggi sulla storia delle religioni, di questi ultimi il migliore secondo me è Inchiesta su Gesù di Corrado Augias e Mauro Pesce. Infine mi appassionano i libri di denuncia politica, ho letto quasi tutti i libri di Marco Travaglio: un giornalista scrittore preciso, tagliente e ironico.

Quale genere letterario non ti piace?
Il romance, mia moglie dice sempre che sono romantico quanto un termosifone spento e devo ammettere che ha ragione.

Come nascono le tue storie?
Vengono da sé. Non potrei mai scrivere a comando. Non potrei, per esempio, scrivere sceneggiature per telefilm. È un lavoraccio! Bisogna farsi venire delle buone idee anche quando non si ha voglia di creare un bel niente.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
No. I miei personaggi sono la cosa più lontana da me che ci possa essere. Costruisco per loro una personalità credibile, devono fare cose che io non riuscirei mai a fare, sia nel bene che nel male. E mentre scrivo la storia cerco di restar fedele al modo di pensare che ho loro imposto.

Come è nata la tua ultima opera?
Il mio ultimo romanzo, ancora inedito, è nato dal mio desiderio d’avventura. È fantascienza, ma tende al fantasy… più Flash Gordon e meno 2001: Odissea nello spazio.

Stai lavorando a qualche altro libro?
Ho scritto due racconti con i quali parteciperò a due concorsi.

Il tuo sogno?

Non ne ho. Può avere dei sogni chi gioca a calcio ed è bravo, chi scrive deve farlo senza obiettivi, perché se mira ai soldi immagina solo quelli e il giorno in cui li incasserà. Spreca così tutta la fantasia in un miraggio. Invece il miraggio deve scriverlo sulla carta per i suoi lettori, e lui deve essere il primo a crederci. 

Contatti:

Intervista ad Angela Maisto

Presentati.
Salve, sono Angela, ho 30 anni e a dirla tutta non amo molto parlare di me stessa. Se proprio dovessi descrivermi credo che, forse, la giusta definizione che darei di me stessa è questa: una ragazza che non si vuole arrendere all’idea di crescere. Oltre a scrivere e perdermi nei miei mondi immaginari, sono un architetto; ho sempre voluto rendere il mondo a misura dei miei sogni ed è per questo motivo che ho scelto una professione che, in parte, mi consenta di rendere migliore il mondo in cui vivo.
Come è nata la passione per la scrittura?
Quella della scrittura è una passione innata, non credo di riuscire a ricordare il momento esatto in cui essa sia sbocciata dentro di me, mi appartiene da sempre:ero appena una bambina quando mi ero messa in testa di scrivere la mia versione di Alice nel Paese delle Meraviglie semplicemente perché, a mio avviso, Alice aveva ancora altri mondi da scoprire, personaggi da incontrare, esperienze da vivere. Poco più che ventenne, mi sono avvicinata al mondo delle fan fiction: avevo voglia di raccontare i mondi che avevo in testa ed utilizzare il cantante di una boyband era il modo migliore per far si che quei mondi venissero letti da qualcuno; avevo creato un mio sito web, dal discreto successo, su cui davo libero sfogo alla fantasia. Successivamente mi sono distaccata da quel mondo, portandone sempre un pezzettino nel cuore, e il protagonista del mio romanzo ne è una chiara testimonianza.
Qual è il tuo stile?
Ho uno stile semplice che trova il suo punto di forza nell’introspettività dei personaggi; mi piace descrivere i pensieri e le sensazioni che si nascondono dietro le azioni compiute dai protagonisti dei mie racconti, dare una chiave di lettura profonda della loro essenza.
Il genere letterario che preferisci di più?
Sono una lettrice volubile, essenzialmente adoro i romanzi, dalle commedie romantiche a quelle dal retro gusto amaro. Non posso non ammettere la mia predilezione per il genere introspettivo tendenzialmente drammatico, amo leggere quei libri che mi scombussolano le emozioni, che mi velano gli occhi di lacrime e mi fanno sentire in piena sintonia con i personaggi descritti. Potrebbe sembra tutto molto triste, ma, siamo onesti, come si fa a non affezionarsi emotivamente da un libro come Io prima di te di Jojo Moyse?Se ci penso, ancora piango.
Quale genere letterario non ti piace?
Odio i romanzi storici, è più forte di me; mi annoia, non riesco ad entrare in empatia con i personaggi e i luoghi descritti.

Come nascono le tue storie?
Le mie storie prendono vita nella mia mente come fossero dei veri e propri film, a volte a colori altre in bianco e nero. Sono il frutto delle emozioni di una giornata storta,di un momento felice, di una foto che ha rapito la mia immaginazione; nascono da dentro, quando meno me le aspetto.

In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
Decisamente si. Nel momento in cui la loro storia prende vita è come se me li cucissi addosso, una sorta di seconda pelle attraverso i cui occhi inizio ad osservare il mondo. Una sensazione stranissima.

Come è nata la tua ultima opera?
Eclisse è nata in una sera invernale di qualche anno fa; ero particolarmente triste quella sera e,
mettendomi al pc di fronte ad un foglio word bianco, le parole del prologo hanno preso vita quasi
da sole. E’ quella sera che hanno preso vita Desy e il suo piccolo Christian, la loro vita complicata
e la speranza del loro lieto fine; è quella sera che è stato plasmato Chris con tutte le sue imperfezioni e la voglia di riscattarsi.
Eclisse è una storia di amore e di speranza, di paura e di perdono, il percorso di una mamma che
deve ricordare quanto è importante essere anche una donna e di un padre che deve imparare ad
essere tale. E’ la storia di un amore reale e complicato, proprio come nella vita reale, in fondo.
Stai lavorando a qualche altro libro?
Si e no. Ho un paio di storie in cantiere che sperano di prendere vita un giorno e un paio di progetti a cui vorrei lavorare. In realtà ho una vecchia storia a cui vorrei mettere mano, darle un nuovo vestito, insomma, e provare a capire se quei personaggi riescono a far sognare una nuova generazione di ragazze come era accaduto in passato. Vedremo…
Per adesso curo con amore il mio blog, non posso passare troppo tempo senza dare voce ai miei
pensieri.

Il tuo sogno?
Ho un cassetto pieno di sogni, ma sono troppo scaramantica per raccontarli ad alta voce. Sono certa possiate capirmi.

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