Kōko, insegnante di pianoforte part-time e madre single di una figlia che disapprova le sue scelte, avverte con turbamento dentro di sé i segnali di una gravidanza non pianificata. Il germogliare della nuova vita, l’eco del passato e il susseguirsi di eventi fuori dal suo controllo la spingono a intraprendere un viaggio al limitare tra la coscienza e il sogno che la condurrà all’indimenticabile rivelazione finale – dopo la quale Kōko proclamerà il suo silenzioso trionfo in un’insurrezione contro qualsiasi norma, riconquistando un terreno di autentica fertilità nel radicale atto di fedeltà verso sé stessa.
Mi sono avvicinata a questo libro per il nome dell’autrice.
Yuko Tsushima era figlia di Osamu Dazai, un autore che nello scenario postbellico della letteratura giapponese ha avuto un grande rilievo. Dell’autore ho nella libreria “Lo squalificato” che non ho avuto ancora modo di leggere, ma dopo aver conosciuto la penna della figlia, approfondirò anche il modo di narrare del padre.
Ma torniamo a noi.
Il figlio della fortuna è una storia lineare, intima e introspettiva.
La storia esplora la psiche di Koko, una donna volubile, incerta nella vita, che non sa cosa vuole, contraddittoria e che ha avuto un trascorso sentimentale burrascoso. L’autrice tocca tutte le sue problematiche, andando a sondare anche alcuni problemi sociali della cultura giapponese: come il concetto di adeguarsi a un prototipo di “normalità” (donna felicemente sposata con figli). Si parla anche della sessualità femminile e soprattutto della maternità.
Koko ha una relazione “lampo” con Hatanaka, dopo neanche un mese vanno a convivere insieme, lei esce incita e si sposano. Koko si lascia trascinare dagli eventi, pensando che sia la cosa giusta o la cosa più “normale” da fare, eppure già nota che qualcosa non va nel momento in cui nasce la figlia Kayako perché non ha il desiderio di vederla. Il tempo passa. Questa relazione finisce, Koko a malapena riesce a provvedere a se stessa e così lascia che sia sua sorella (che ha la tipica famiglia perfetta) a prendersi cura di Kayako.
Ho trovato molto interessante il contrasto netto tra madre e figlia: Koko è trasandata, non ha ambizioni e non riesce a gestire le situazioni della sua vita, a differenza di Kayako che ha solo undici anni eppure sembra lei l’adulta tra le due che è ambiziosa, determinata, precisa e razionale.
In un’alternanza tra presente e passato il lettore segue il percorso di vita di Koko e il suo stato emotivo e psicologico. A un certo punto sa di aspettare un bambino e la sua mente vaga riguardo alle ipotesi sul futuro. E quando si pensa di aver capito quale sarà la direzione della storia ecco che arriva un colpo di scena che spiazza e subito dopo un finale che lascia un po’ nell’incertezza il lettore.
Un romanzo intimo con una protagonista particolare che non si vuol far ben volere dal lettore, ma si mette a nudo, trascinandolo nelle sue riflessioni, toccando le corde più delicate dell’animo umano.
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