Presentati.
Mi chiamo Jessica Diotallevi. Sono nata a in pv di Roma circa 27 anni fa. E sono un autrice testuale musicale. Questo è il mio lavoro ufficiale. Mentre tutto il resto del tempo scrivo: Sceneggiature, racconti brevi – lunghi, romanzi. Sono autrice del romanzo: La via dell’Anice stellato. Auto pubblicato, per scelta. Poi sponsorizzato dal comune di Roma, nei suoi diversi centri, attraverso pubblicazioni cartacee, presentazioni e quant’altro.
Come è nata la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura nasce dall’indole di dover scrivere, dalla necessita di emozionare, di creare. E fin da bambina mi sono rapportata alla lettura non solo con gli occhi, ma con tutti i sensi che possiedo. Tra cui, la presunzione di voler credere nei sogni. Ho iniziato, comunque, con le poesie, all’età di otto anni circa. Oggi, invece, preferisco come sistema di comunicazione la Narrativa. In tutti i suoi diversi generi e stili, dalla più tradizionale a quella in voga tra gli autori alternativi. Un ‘altro mio grande amore è il saggio.
Qual è il tuo stile?
Non saprei. Diciamo che, probabilmente dovuto anche al tipo di influnza data dalle mie letture, il mio stile è versatile. Intriso di passione, scorrevole e, a volte, convulso. Il mio intento è voler mostrare i cardini della nostra società attraverso il paradosso. Lo adoro.
Il genere letterario che preferisci di più?
Non mi pongo alcun limite nella lettura, ma adoro gli scrittori del novecento. Sopratutto quelli del periodo Beat.
Quale genere letterario non ti piace?
Non mi piace il genere Horror Fantasy. E i romanzi rosa, eccessivamente sdolcinati e poco veritieri (anche quelli li considero un Horror Fantasy).
Come nascono le tue storie?
Le mie storie nascono dalla società. Non mi definisco un’ autrice oppure una scrittrice. Ma, più che altro un’ osservatrice. Non appunto nulla, in nessun taccuino e non porto con me registratori. Perché non voglio solo parole su carta. Voglio le emozioni di quegli attimi, perciò li fisso bene nella mia mente, cercando il dettaglio del quadro che più attrae il mio occhio. E senza dargli troppa rilevanza, per non far perdere la giusta carica emotiva, cerco l’integrazione tra la massa e la singola emozione di ciò che il mio occhio ha catturato. Nel generale amo guardare oltre. Poi, una volta che sono davanti ai miei strumenti riporto ciò che l’equilibro dei miei sensi mi dice. Amo dare introspezione ad ogni mio scritto. Non mi interessa scrivere per intrattenere. Il processo non è poi così lungo, anzi. Scrivo ogni giorno.
In genere ti immedesimi nei tuoi personaggi?
No. Non mi immedesimo nei miei personaggi. Non sempre, almeno. È capitato col mio primo romanzo, e con la sua protagonista Aurora. Ed è capitato in diverse situazioni, sopratutto li dove lei entrava in contatto con se stessa, attraverso riflessioni sul tempo, la vita, l’amore. Ma rimane comunque raro che avvenga, preferisco che l’unica influenza da parte mia sia nello stile.
Come è nata la tua ultima opera?
La mia prima opera è nata su di un lettino, in un centro fisioterapico. Stavo facendo una seduta ed è arrivata dal nulla. Sono tornata a casa, e l’ho scritta in circa due mesi(mi riferisco alla bozza, non all’Opera completa). Sono riuscita ad eliminare alcune mie paure, ed ansie. È stato terapeutico. La speranza è tutto.
(Grafici Aldo Iuliano e Matteo Franco)
Stai lavorando a qualche altro libro?
Sì. Ho concluso il secondo libro “Il Faro della Serenità.” Attualmente utilizzato per un concorso letterario. E sto scrivendo un terzo romanzo, di cui però non voglio svelare il titolo né la trama.
Il tuo sogno?
Il mio sogno è l’emozione. Rimanere nei cuori di chi legge o ascolta.
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